Note colte, parla Carlo Boccadoro...

da Sette, supplemento de Il Corriere della Sera, 23-09-1999

Più di 50 anni fa, nel Mestiere di vivere, Cesare Pavese annotava diligentemente tutti i suoi tentativi di avvicinarsi alla musica "colta". Fallimentari, alla fine, scrive, rinuncia e si dedica al liscio. Nel 1958 il grande compositore americano John Cage fece scalpore partecipando alla trasmissione tv Lascia o raddoppia (come esperto di funghi) dove diede alcuni, brevi saggi sulla sua musica. Mike Buongiorno (e milioni di italiani) ne fu inorridito. È celebre l'aneddoto secondo il quale Cage, dopo aver vinto parecchi milioni e prossimo al ritorno in Usa, disse: "sinceramente preferirei il contrario". Nei decenni, la situazione è solo peggiorata. E oggi la musica contemporanea è quasi sempre recepita come ostica, incomprensibile, da "addetti ai lavori". Invece dalle rime di Toto Cutugno alle elucubrazioni sonore di Karl Heinz Stockhausen c'è un mondo sterminato di suggestioni sonore attraverso le quali passa il nostro tempo.
Lo sa bene Carlo Boccadoro, compositore insofferente alle etichette e all'occorrenza anche scrittore (il suo Musica Coelestis, un cofanetto - libro + cd recentemente - recentemente pubblicato da Einaudi e dedicato agli 11 maggiori compositori viventi, ha superato ogni previsione di vendita). Un musicista che spazia, conversando, da Drupi a Beethoven, da Pasquale Panella a Luigi Nono senza farti mai sentire ignorante, senza reggere il peso dei campanilismi che separano da sempre musica leggera e classica.
Cos'è la musica contemporanea?
"Tutta quella che non è pop, rock, jazz e viene eseguita con gli strumenti con cui solitamente si fa musica classica, anche se poi molti autori "contemporanei" adottano gli strumenti del rock, come la chitarra elettrica o i campionatori. Insomma, la musica contemporanea è quella che esprime il proprio tempo, nella quale ci si può riconoscere".
Perché è considerata "difficile"?
"Perché in parte lo è. La generazione di musicisti colti del secondo dopoguerra ha voluto fare piazza pulita di tutto il passato, un passato orribile, quello della guerra nucleare e degli stermini nazisti. Questo però ha anche voluto dire l'assunzione di una radicalità compositiva ostica e cerebrale, al confine con la mancanza totale di comunicazione. La generazione degli attuali sessantenni è quella che ancora insegna nei conservatori ed è legata a un radicalismo insostenibile e chiuso ai cambiamenti".
È così anche all'estero?
"No! Ho visto folle di giovani in coda per assistere alle opere di Gavin Bryars, che ho intervistato e che in Inghilterra vende quasi quanto Jovanotti da noi".
Perché ha deciso di scrivere un libro di interviste ad autori di musica contemporanea?
"Per dimostrare che non esiste un "tipo" di musica e tanto meno due, una "colta e una "ignorante". Ma ne esistono infiniti. Tutti contaminati tra di loro. Ogni autore esprime un mondo differente".
Quali sono gli autori contemporanei più noti in Italia?
"Quelli che hanno la possibilità di esibirsi in concerti: Gavin Bryars, Steve Reich, Philip Glass, Michael Nyman e Laurie Anderson. Le istituzioni italiane sono restie a programmare gli autori contemporanei, e così, con i cd a 37.000 lire, perché si dovrebbe acquistare chi non si conosce?".
Ma come convincere un fan degli Aqua o delle Spice Girls ad ascoltare musica colta?
"Proponendogliela. Se nessuno propone Steve Reich nessuno lo ama! Certo ci vuole apertura mentale. Ma perché non si può ascoltare la musica contemporanea e amare Bach, apprezzando le differenze, la varietà? Chiaramente, leggere Mogol costa meno fatica che non leggere Shakespeare. Ma vale la pena fare uno sforzo, per leggere Shakespeare".
Oggi va la musica New Age. Le piace?
"La detesto! È l'effetto di un atteggiamento critico confuso, che tende livellare tutto per sentirsi inutilmente elevato. La New Age si presenta come colta, ma non lo è. I dischi con le onde del mare sono l'ultimo stadio dell'imbecillità".
Cosa pensa della critica musicale?
"Che è sbagliato attribuire ai propri gusti il primato della qualità. "Quello che mi piace è bello, il resto no": pensano molti critici. Invece, ogni musica per essere compresa richiede attenzione e capacità di discernimento. Non c'è "musica facile" o "difficile". Dipende da chi e da come ascolta".
Qual è il pubblico ideale?
"Quello che vuole conoscere e odia farsi prendere in giro; che è capace di scegliere e sa capire le differenze".
Che ricordo ha del Conservatorio?
"Di terrore. C'erano insegnanti trovavano uno spartito interessante solo perché pieno di notazioni. L'equazione complessità uguale bellezza è una cosa aberrante. Le cose belle invece possono essere anche molto semplici. Con i criteri tutt'oggi presenti Conservatorio Ravel sarebbe considerato stupido perché le sue partiture non sono complesse".
Cosa pensa di Pavarotti?
"È l'effetto di un paradosso culturale, della cattiva fede di chi dice che attraverso i Tre Tenori la musica lirica raggiunge il pubblico di Michael Jackson. In realtà è solo Pavarotti a raggiungerlo. Promuove se stesso. Non credo che un fan di Zucchero acquisti Verdi perché ha sentito Pavarotti".
E di Jovanotti?
"Mi piace. È un artista molto interessante! Ed è bravo così com'è. Non ha bisogno di "mimare" la musica classica per fare finta di essere "colto". In questo senso credo che Dalla sbagli a proporsi, alla fine dei suoi concerti, come direttore d'orchestra che dirige la Sinfonia dei giocattoli di Haydn. Che senso ha? Nessuno si sogna di dire che Miles Davis non è un grande perché non è mai stato alla Scala".
Chi è Carlo Boccadoro?
"Un musicista a 360°. Almeno vorrei esserlo. Ho scritto pezzi prossimi alla musica classica, ma ho usato anche strumenti jazz, sonorità funky. Nel mio pezzo d'esordio, 1990, ho mischiato Schubert e Cole Porter. Mi interessa ogni linguaggio. Amo rubare idee e trasformarle in mie".
Il primo disco che ha acquistato?
"Il doppio bianco dei Beatles. Per anni ho ascoltato solo loro e comunque rock e pop. Mi regalarono il primo disco di musica classica, la Quinta di Beethoven, quando già avevo 700 dischi di rock e jazz".
E il primo ricordo musicale?
"Ero in auto con i miei genitori, avevo 3/4 anni ed è sfrecciata, accanto alla nostra, un'auto. In quel rumore ho riconosciuto un frammento del brano La banda, di Mina. Avevo orecchio! Ma ho deciso di studiare musica dopo avere sbattuto la testa su una lastra di che ghiaccio, facendo pattinaggio".
Le piace il pop italiano?
"Il mio gruppo preferito era l'Equipe 84, e poi la vivissima stagione milanese degli anni '70, con gli Area, Demetrio Stratos, Alberto Camerini, gli Skiantos. Demetrio mi ha toccato. Profondamente. Credo fossimo in dieci, al Conservatorio, ad ascoltarlo. Basti pensare che in quel periodo uno studente fu cacciato perché suonava Gershwin, un autore giudicato troppo commerciale. Io dal Conservatorio sono scappato, dopo sette anni!".


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