Aldo Nove su “Bugo”:

The Bugo revolution

da Musica, supplemento di La Repubblica 31-10-2002

Prendete i Sonic Youth (avremmo detto, per altri versi, i Nirvana, ma purtroppo non ci sono più). Legateli. Metteteli su un aereo per Milano. Durante il viaggio, obbligateli a ascoltare Guccini e Celentano. Non fate caso ai loro lamenti. Ubriacateli invece di Lambrusco, fategli mangiare molto salame felino a cubetti, scaglie di grana padano grossissime. Una volta arrivati nella metropoli lombarda, fate scendere i Sonic Youth dall'aereo bendati e portateli in una birreria di un paese dell'hinterland. Rincoglioniteli con discorsi sul tempo e sul campionato. Parlategli di Tremonti e Fassino. A quel punto saranno sufficientemente cotti per assecondare i vostri più malsani propositi. Fateli bere ancora. Birra e lambrusco insieme. Sottoponeteli a dosi massiccie di Dalla e De André, ed infine portateli in sala di registrazione, intimando loro di suonare fino a totale esaurimento delle loro forze. Il risultato potrebbe essere qualcosa di simile a Dal Lofai al Cisei, terzo, improbabile, esaltante, geniale ultimo album di Bugo. E' difficile spiegare Bugo a chi non lo conosce. Meglio fare ancora un esempio. Una volta un carissimo amico ha cercato di spiegarmi che musica facessero i Low. Mi ha detto: "Immagina di prendere Neil Young, di bollirlo per qualche ora. Questi sono i Low.: Neil Young fatto bollire." Se ascoltate Bugo, potrebbe sembrarvi qualcosa di simile. Basta sostituire Neil Young con un cantautore italiano a vostra scelta (una volta bolliti i cantautori italiani si somigliano tutti).
Il fatto è che la musica cantautoriale nostra è ormai diventata in tutto e per tutto tradizione (la canzone di protesta italiana esplosa negli anni Settanta, legata al talento musicale e versificatorio di nomi ormai storici come Guccini e Conte, Vecchioni e Dalla tanto per fare qualche esempio, ma potremmo andare ancora più indietro come ci insegna il Battiato dei due Fleurs, fino a Tenco e Paoli) e quindi si presta alla manipolazione. Al superamento. Le cose cambiano, funziona così. Bugo la fa avendo imparato bene la lezione dei nostri cantautori e lasciandone poi evaporare innanzi tutto ogni pretesa politica, riducendo "i contenuti" ai minimi termini e aggiungendo uno strato abbondante di "noise" e incazzatura fredda, minimale, urbana, stralunata e sorprendentemente incisiva.
Il risultato è strepitoso. Potrebbe essere demenziale, se non fosse, al contempo, straziante e malinconico.
E se Vasco Rossi e Ligabue hanno cantato i sogni della provincia italiana cresciuta a rock e televisione, Bugo spegne la tele e lo stereo e esce di casa (ma non sa bene dove andare nè cosa fare, esattamente come i CCCP dei gloriosi tempi andati).
Ecco, dai versi delle canzoni di Dal Lofai al Cisei, tra poesia tirata via e allucinazione da overdose di quotidiano, la cronaca di una giornata di Bugo, che poi è la cronaca di tante nostre giornate non tanto positive. Anzi, una di quelle proprio di merda, ché ce ne sono tante...
La giornata di Bugo:
Bugo si sveglia: "Per le mie orecchie è un piacevole dolore / il rumore che ascolto ogni giorno la mattina / fanno i rumori con il trapano e il martello / io non riesco a dormire che mi sveglio sul più bello / dio mio un altro giorno / e poi scoppio / un altro giorno / che scoppia" ( da Milano Tranquillità, track 8).
Bugo allora si veste, si prepara un caffè, esce di casa, si guarda attorno ("Su quell'albero gli uccellini si masturbano / e cantano una canzone bella elegante", da Nero arcobaleno, track 10), va a prendere il tram e, dopo una breve indecisione, ci sale sopra ("Quando passa un tram mi butterei di sotto / almeno qui qualcosa si fa di diverso dal solito": track 9, dal titolo quanto mai evocativo Mi rompo i coglioni).
Poi scende dal tram, mette "un piede sulla merda" (track n.3, intitolata appunto Piede sulla merda), va al lavoro, esce dal lavoro, va a fare la spesa e assiste alla scena, quantomai frequente, di due cretini che si scannano per la precedenza alla cassa ("Non mi piace quando tu mi passi davanti / ti farei lo scalpo se fossi un indiano / la cassa sta sgranando gli occhi / non mi piace quando tu mi passi davanti": da Fai la fila, track n.11).
Infine, con i sacchetti della spesa, torna a casa ("Torno a casa e mi accorgo che dalla finestra / parte un arcobaleno senza colori tutto nero": da Milano Tranquillità, track 8), mette via la spesa, prepara una pentola sul foenello, accende il gas ("Se sei casalingo ami il fuoco del fornello come me", da Casalingo, track n.6), si fa una pasta al burro (track n.5, dall'ovvio titolo Pasta al burro: "Hai capito cosa io voglio / non è certo pasta al pomodoro / con coerenza e con orgoglio / pasta al burro è il mi oro"), mangia, sparecchia, fuma e medita sul mondo, con esiti contradditori, ("Cresce nella mia testa il contenuto del portacenere")... poi, si presume, va a letto.
Un genio, Bugo. Il Kurt Kobain della Padania. Il Tom Waits dell'Italia ai tempi della chiusura della Fiat. Ascoltatelo.


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