Corpo a corpo il cannibale e Jovanotti...

da Sette, supplemento de Il Corriere della Sera, 6-05-1999

Quando avevo vent'anni Jovanotti mi sembrava lo scemo del villaggio globale. Salvo poi ascoltarne i dischi di nascosto. E lo avvertivo come una sorta di sismografico acritico, un po' animale, di quello che allora ci circondava. Gli anni '80 e il divertimento a tutti i costi. Gli anni di canzoni come È qui la festa?, di Un due tre. ..casino! Gli anni in cui, dietro le parate a vuoto degli stilisti e i pellegrinaggi griffati Naj-Oleari nei fast-food, nasceva la letteratura di Pier Vittorio Tondelli e la musica dei CCCP. Gli anni in cui, di fronte allo sfacelo della politica, si affannava come fenomeno di massa il volontariato civile. Poi Jovanotti è cresciuto e io (e la nostra generazione) anche.
La svolta radicale, per Lorenzo, c'è stata nel 1992. Nelle sue canzoni rimaneva, trascinante, la comunicatività, che sempre gli era stata propria, nell'esprimere la gioia di divertirsi e ritrovarsi. Questa volta, però, con testi che facevano riflettere e che erano naturalmente, radicalmente positivi. Penso positivo, del 1994, è un pezzo che trovo a tutt'oggi molto coraggioso. Coraggioso e simpatico. Un'accoppiata anomala. Quasi irritante.
Il mondo del rap, dei ghetti urbani diventa, con Lorenzo, il nostro quotidiano. Veicolando non solo rabbia ma anche felicità. Come quella, recente, di diventare padre. Che nel suo caso diventa anche la soddisfazione di andare al primo posto della classifica.
Incontro Lorenzo a Milano. È tutto vestito di bianco, con un fiore giallo nel taschino. Con lui ci sono sua figlia Teresa, sua moglie Francesca e un cane che si chiama come il suo libro preferito. Ci sono gli amici di sempre, le persone che lo hanno accompagnato nel suo continuo rinnovamento: Michele Centonze, Saturnino, Pier Foschi, Riccardo Vitanza e Roberto Arcadu. Girano un video per l'estero.
Con Jovanotti vorrei parlare di tantissime cose. Dei suoi dischi, del prossimo album Capo Horn (che uscirà il 13 maggio), di Il Grande Boh! (il suo diario di viaggio, 180.000 copie vendute fino a oggi e le recensioni positive anche dai critici meno capaci di sintonizzarsi sulla scrittura giovanile).
Ma credo che mi interessi di più sapere dei suoi gusti e della sua vita, come destino personale e immagine pubblica si intreccino attraverso gli anni. I suoi, e i nostri.

Mi racconti la nascita di Teresa?
"Ho accompagnato Francesca all'ospedale e sono stato con lei durante la nascita. Ho tagliato io il cordone ombelicale. A volte i padri svengono, durante il parto. Io mi sentivo molto sicuro e ho potuto assistere al miracolo della nascita. Noi pensiamo ai bambini come a delle fragili bambole. Il parto invece è un momento feroce, dove torniamo animali e siamo davvero mammiferi".
E come ti sei sentito, nel nuovo ruolo di papà?
"Quando mi hanno dato in mano mia figlia sapevo perfettamente come tenerla. Ero tutto istinto. L'ho guardata. Era così strania! È stato come trovarsi di fronte a un palombaro! Un esserino che veniva da lontano, da mondi distanti! Come quando emerge un sommozzatore, dalle acque profonde, e prende aria. I suoi occhi, il suo sguardo, che cercavano la luce. Un'emozione fortissima, non sapevo che sarebbe successo così". Per Teresa hai scritto una dolce ninna nanna, Per te.
L'ho scritta l'estate prima, quando ho saputo che era una femmina. Nella canzone c'è un riferimento al suo giorno della nascita. L'ho incisa il giorno stesso. Teresa è nata all'una. Alle 4 del mattino sono andato in studio e ho registrato quelle parole! Era il mio primo dono per lei, tutte le emozioni che avevo provato vedendola nascere".
In Il grande Boh! scrivi: " Se L'universo è musica / io sono una melodia / e la famiglia è l'armonia…"
"Per me la famiglia è veramente importante. Io sono la mia famiglia, il punto d'incontro delle linee derivanti dai miei genitori. E da quando sto con Francesco, cioè da quando ho in qualche modo formato un'altra famiglia, ho capito che patrimonio immenso sia costruirne una nuova, unendo le precedenti. Due contenitori giganteschi di memorie e di passioni si incontrano".
Quanti anni avevi quando ti sei innamorato per la prima volta?
"La prima volta che ho pensato per un giorno intero a una ragazza è stato alle medie. Non mi ricordo come si chiamasse. Mi ricorso che aveva gli occhiali ed era brutta. Ma forte. A me piaceva. Così mi sono dichiarato ma non accadde nulla. Fino a prima di essere dj non ha mai avuto successo con le donne. Ero timido e impacciato. Poi la mia posizione sociale mi ha dato più sicurezza".
Cos'è la musica?
"Fino a 20 anni la musica in sé non mi interessava molto. A 15 anni mi è venuto l'amore per la radio. Era il mio mondo. Alla musica mi sono appassionato dopo, con il rap. Il rap è un battito, ritmo che veicola messaggi. La musica è metalinguaggio. Non si comunica solo attraverso le note. Prima delle forme passano le emozioni. Se non ci sono quelle, non c'è comunicazione".
E quali sono i momenti di massima comunicazione?
"I concerti. Gli unici momenti di espressione collettiva rimasti. Qualcosa di rituale, di sacro".
Jovanotti è stato l'emblema di una generazione e dei suoi travagli. La generazione anni '80, dei trentenni di oggi. Tu quegli anni li hai vissuti in pubblico, con i riflettori puntati…
"Sì, un po' da Truman Show. Ma la mia vita me la sono gestita io. Ho sempre fatto quello che volevo fare. Non sono mai stato mosso dall'ambizione. Era la mia condizione naturale, comunicare con la musica ciò che vivevo come persona" .
Parliamo degli anni '80.
"Chi li ha vissuti come epilogo degli anni '70 ne ha avuto una grandissima delusione. La fine di un sogno. Per me è stato diverso. Gli anni '80 sono stati un'esplosione di gioia. Anni di bella musica. Anni in cui i non musicisti hanno cominciato a diventare artisti. Con il fenomeno dei dj, e con il rap innanzitutto, chiunque poteva prendere la parola, e dire la propria. C'era tantissima vitalità. Comunque gli anni più belli sono quelli dell'adolescenza. C'è gente che ricorda gli anni della Seconda guerra mondiale come anni bellissimi, solo perché aveva 18 anni,..
Ecco, la guerra, questo spettro. È tornato. Alle porle di casa nostra…
"Uno spettro orribile. Questa guerra fa comodo a un sacco di gente. Altro che quella umanitaria! Per la Germania, per esempio, è l'occasione per tornare ad avere rilievo militare, cosa che con la Seconda guerra mondiale aveva perso del tutto. I Balcani sono una zona di traffico internazionale molto importante, e Clinton Vuole averli sotto il suo totale dominio" .
Il servizio militare è stato una grossa svolta nella tua vita…
"Sì, sono stato malissimo. Mi ricordo una volta, durante un'esercitazione, dovevo buttare delle bombe a mano... una follia, una comica. Non fosse stato per non dare un dispiacere ai miei mi sarei finto pazzo, evitandolo! Però l'ho fatto e forse mi è servito perché è stato allora che ho sentito l'esigenza di stare solo, di leggere e di riflettere su me stesso. È stata la prima volta che mi sono sentito un altro rispetto a ciò che pensavo di me".
E così è nato Lorenzo 1992. L'album che ha messo tutti d'accordo, dai fan più sfegatati ai critici di sinistra, sulle tue capacità mentali.
"Credo di avere iniziato a crearmi un'autonomia con Una tribù che balla, il disco precedente. Ho allargato i miei interessi. Ma credo di essere stato sempre in evoluzione. Di essere stato sempre inquieto...".
L 'inquietudine:
L'inquietudine è la percezione del fatto che c'è sempre qualcosa sopra. E tu stai un pochino sotto. È la consapevolezza, in ogni momento, che c'è un altro gradino da fare".
Qual è la tua opinione sugli extracomunitari?
"Io non vedo l'ora che venga gente nuova in Italia! L'integrazione non è sempre, immediatamente, facile. Ma bisogna accettare le conseguenze del cambiamento. C'è da fare un grosso sforzo, ma benedico l'immigrazione, è una cosa che deve succedere, comunque. Prendiamone i lati positivi, perché nell'incontro tra culture ci sono, e tanti!".
Cosa non ami, di te stesso?
"Un sacco di cose. Mia moglie mi dice sempre che non sono capace d'ascoltare. Spesso non riesco a sentire gli altri. Sono distratto, mi distraggo. Faccio una domanda e non ascolto la risposta. Credo che sia una delle cose più difficili della vita, esserci nel presente".
Chi vorresti essere, se non fossi Lorenzo Cherubini?
"Un uomo del Rinascimento".
E chi vorresti non essere?
"Uno che vuole il successo e non ce la fa. Perché è un bello stress".
Qual è il film della tua vita?
"Sono due: La febbre del sabato sera e Apocalypse Now. Amo molto il cinema. Fellini mi fa impazzire. Quando ho visto La Dolce vita sono stato male per tre giorni, da quanto era bello. Mi è sembrato un film potentissimo sui costumi dell'impero Romano, anche se raccontava la vita della Roma di Fellini".
Cosa stai leggendo?
"Specialmente libri per bambini: Zanna Bianca, Il richiamo della foresta. Quello che amo di più è Pinocchio. Lo rileggo continuamente".
Qual è il senso della vita?
"Questa è una domanda mitica! Da Harem! Io la odio, la Spaak! Ora al mattino danno le repliche della trasmissione; io le guardo sempre, sono uno spasso!".


- torna alla casapagina di Aldo Nove -