Aldo Nove su “Luminal” di Isabella Santacroce

Il tormento e l'estasi - da Sette, Corriere della Sera 1998


Isabella Santacroce (31 anni, del Toro ma sembra dello Scorpione a causa della sua spiccata sensualità) è molto bella e si veste di latex, frequenta le discoteche alternative di Riccione, dove abita, e poi delle volte si veste normale (pantaloncini e maglietta) e va in giro in bicicletta. Vive in una casa dove ci sono due pesci, una poltrona di lattine compresse, tantissimi dischi e tantissimi libri. Come sempre succede a noi scrittori scrive libri, e sono tutti molto strani. Lei è proprio l'anti-Tamaro per eccellenza. La Tamaro scrive cose tutte commoventi, Isabella Santacroce no. Isabella Santacroce scrive delle cose tremende e nelle sue storie c'è un senso devastante di noia. E' molto facile annoiare, mentre bisogna essere molto bravi a raccontare la noia. Una volta, Isabella Santacroce ha detto in un'intervista: "La noia è il male più stronzo di questo secolo".
Ciascuno reagisce alla noia come può. C'è chi abbraccia una nuova religione, chi apre una boutique in franchising, chi segue il campionato di calcio e chi va di notte a travestiti.
I personaggi di Isabella Santacroce reagiscono drogandosi e facendo molti esperimenti sessuali.
Prendete l'ultimo libro, Luminal.
Luminal è pieno di droga fino all'orlo, è completamente saturo di chimica e c'è molto sesso. Così anche in Fluo e in Destroy, i suoi precedenti romanzi. Maneggiate le pagine con cura, hanno un ritmo martellante, vuoti ed esplosioni. Così sentite quel disagio che c'è, l'impotenza delle parole nel descrivere situazioni sempre al limite ma anche gli sforzi estremi del linguaggio. Per avvicinarsi il più possibile al caleidoscopio di luci e ombre interiori dei paradisi della chimica. Vi ritroverete smarriti in mezzo a paradossi sconcertanti. Periodo dopo periodo, mollati gli ormeggi, svaniscono i confini tra pornografia e preghiera, tra scandalo e devozione, tra esperimento e tradizione.
Sono pagine scomode come scomodo è il personaggio Santacroce, una che scrive di orge scandagliando i margini tra sublime e infamia, con la grazia e l'imparzialità di una stenografa diligente e un po' satanica, capace quasi suo malgrado di far scattare la molla dell'illuminazione, del genio quando meno te lo aspetti, innestandolo nel vuoto del quotidiano, trasfigurato da farmaci e dipendenze di ogni tipo, perchè anche mangiare è una dipendenza, anche l'amore è una dipendenza.
E' imbarazzante, Isabella Santacroce. E' imbarazzante questa sua spudorata genialità letteraria, la forza con cui ti colpisce allo stomaco, interagendo inaspettata con un misticismo pagano e persistente, un luogo originario impresso nel cuore come nel Medio Evo si riteneva che nella retina restasse ingarbugliata l'immagine dell'amato; la "traccia" terrena dell'amore, messaggio che da altrove viene elargito dal mondo. C'è spazio per tutti, nel mondo.
I personaggi dei libri di Isabella Santacroce sono tutti marginali rispetto al mondo e al suo frastuono.
Quando la leggi ti accorgi subito che c'è qualcosa che non va, come quando incontri qualcuno che non riesci ad incasellare e allora ci si rifugia nel luogo comune e ci chiede: non sarà mica un tossico?
Isabella Santacroce è una diversa (e il suo autore preferito, Oscar Wilde, ha fatto della sua diversità uno stile).
Isabella Santacroce scrive libri che fanno male. Uno più dell'altro. Luminal fa talmente male che non è neanche più pulp (pulp fino a qualche tempo fa, sui giornali voleva dire cattivo, cattivo forte, un po' gratuito) e va letto perchè la vita (anche se non succede niente, anche se ci scappa da ridere) fa male più dei libri, più di qualunque libro, e non esiste nessuna cattiveria che nella realtà non vinca i libri. Mi ricordo di uno studente di chimica, un ragazzo che avevo conosciuto all'università. Si riteneva un grande esperto di come vanno le cose nel mondo e mi diceva: "La vita è una cosa tremenda, o lo prendi di dietro o sei tu che lo metti agli altri". Credo che in questa frase ci sia molta paura, che sia una morale comune molto diffusa.
In un'altra intervista, qualche tempo fa, Isabella Santacroce ha detto: "Siamo nati tutti per farci fottere" (in modo più neutro Andy Warhol, il padre della Pop-Art aveva scritto: "Nascere è come essere rapiti" e, ancora più elegantemente Leopardi: "Funesto fu a chi nacque il dì natale"). Abbiamo tutti dei disagi, prima di morire. Le religioni, i politici, ci hanno costruito degli imperi, su questo problema. Isabella Santacroce tre buoni libri.
Ciascun libro saldamente ancorato alle sue droghe: il primo Fluo, alle euforiche cocaina e anfetamina, il secondo, Destroy, al destabilizzante acido lisergico, l'ultimo... L'ultimo è una storia che inizia a Zurigo, in una notte che sembra non avere inizio e non avere fine, dove il buio è dappertutto e dove vivono Demon e Davi.
Demon e Davi sono giovani, bellissime e si drogano, di tutto ma specialmente di Luminal, un barbiturico potentissimo (quello che ha usato Marylin Monroe per ammazzarsi), trascorrono la vita passando da un locale all'altro, dopo il tramonto, come dei pipistrelli storditi dalla luce. Sono stranissime, sembrano delle presentatrici televisive, sembrano delle vicine di casa, hanno dei problemi con i genitori e parlano in modo smaccato e volgare. Demon e Davi invece di parlare normalmente si lanciano slogan come "J.F.K. The power of sex. Rock'n'Roll"; oppure "The History of Sex. The Power of Erotic Suicide. Transex. Rock'n'Roll" E' tutto molto strano. Probabilmente è la droga che le rende così. I barbiturici. Il telegiornale. La vita.
Demon e Davi ad un certo punto del libro vanno in un locale che si chiama Select e si vendono, scambiano le loro anime i loro corpi con dei clienti che sono dei numeri, ogni tavolo al Select ha un numero, ogni tavolo ha un cliente che vuole fare del sesso e paga per farlo. Demon fa l'amore con il numero 73, Davi fa l'amore con il numero 37. Una loro amica dice: "Io sono un angelo immerso in una Jacuzzi, odorosa di sali e mangio Luminal incurante del resto per sfuggire al sorgere del sole che assale con raggi affilati come punte di spade".
Demon e Davi non parlano, sono sospese in una specie di vuoto e fanno discorsi del tipo: - Vorrei che il mio viso apparisse sulla copertina di Vogue .
- Vorrei essere Vogue.
- Vorrei un duplice primo piano con il trucco sfatto e le lacrime fino al mento.
- Non pensate che il mio viso sia perfetto per la copertina di Vogue?
- Lady D. non approverebbe.
- Lady D. è morta.
- Viva la regina!

C'è tutto questo vuoto che è riempito di droga di Vogue di Lady D di sesso e, alla fine del libro, un flash fortissimo, Demon che telefona a sua madre e parla del più e del meno. Demon è ad Amburgo, sua madre è lontana. Demon dice a sua madre che sta piovendo sua madre dice di sì. Demon è seduta sopra il cadavere di una sua amica che si chiama Desdemona, bella come una Barbie. Uccisa da Demon, riversa sotto Demon. Demon sguscia dal vestito di Desdemona un seno e inizia a succhiarlo, la madre non capisce costa sta succedendo, lo chiede a Demon, e Demon le dice: "Ti sto amando", fino a che dopo non inizia a fare giorno e Demon, come un pipistrello scompare. Fino a che non finisce il libro e tu non rimani lì a chiederti perchè, cosa vuol dire, cosa è successo.
C'è un grande musicista che si chiama John Cale che una volta ha detto che lui non è mai andato a letto prima delle cinque perchè sapeva che nel mondo stavano accadendo e accadono sempre delle cose strane. Per cui, non vale la pena di andare a letto.
Isabella Santacroce non va mai a letto e i personaggi dei suoi libri fanno lo stesso. Stanno a guardare tutti le cose impossibili che succedono quando è buio e comunque continuiamo a esistere tutti, e quando è buio non si capisce la differenza tra drogati impiegati bravi cattivi. Come nella vita di ogni giorno. Come nel 1998. Come nelle cronache che leggiamo nei giornali. Le cronache di un secolo che sta finendo. Per noi. Per consumazione.


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