Intervista su Puerto Plata Market

intervista a Aldo Nove
della redazione diAlice



Molte recensioni del suo romanzo, Puerto Plata Market, parlano bene, con grande interesse, del suo lavoro letterario, della sua scrittura, della ricerca di un nuovo linguaggio. Com'è nato questo romanzo che tratta il tema della crisi dei trentenni e di questo mondo basato sul consumismo?

Da un viaggio a Santo Domingo, in cui mi sono accorto che i Tropici sono uguali all'hinterland milanese e quindi non esiste altro mondo rispetto a questo.
L'impossibilità della fuga, quindi...
No, no, la reale possibilità della fuga, basta stare fuori dal "reale", appunto. Uno fugge quanto vuole, con le droghe, con la religione. Poi invece la realtà è un'altra cosa.
Nel romanzo ci sono anche riferimenti all'India o altre realtà considerate ancora veramente differenti dal mondo occidentale. Ma questa diversità, secondo lei, non esiste davvero più?
Rispetto alla nostra sensibilità, no. Non c'è una mediazione culturale con l'altro. Poi possono esistere dei territori, la Mongolia, alcune zone dell'Africa, ancora non contaminati, ma non riguardano la nostra esperienza.
Questo è il suo primo romanzo. Qual è stata la differenza tra lo scrivere un racconto, un testo di sviluppo più limitato, e un vero e proprio romanzo?
Credo che scrivere un racconto sia come suonare uno strumento e scrivere un romanzo sia come dirigere un'orchestra. Si tratta di coordinare simultaneamente tempi, situazioni grammaticali ed esistenziali differenti.
A proposito delle situazioni grammaticali, arriviamo al linguaggio del romanzo. Mi sembra si possa parlare di ricerca verso una forma semplice, o semplificata, con errori, modi gergali... Anche altri percorrono questa strada. In modo schematico, in quale filone, se c'è, inserirebbe la sua letteratura?
Nella tradizione italiana del parlato basso, colloquiale, da Bianciardi a Balestrini, passando per Dario Fo. Lo scopo, che è uno scopo di ricerca, direi filosofica prima che letteraria, è quella di rendere il reale, cioè il linguaggio che si parla oggi, non il linguaggio della scuola o della letteratura.
Lei si classifica fra i "nuovi scrittori italiani"?
Sono uno scrittore vecchissimo.
Questa intervista appare su un sito Internet. Secondo lei, riprendendo il discorso fatto all'inizio, Internet sarà un nuovo mezzo di fuga dalla realtà, o un nuovo modo di conoscere altre realtà?
Come per la televisione, per la radio prima, ma anche per la stessa letteratura, come per ogni "tecnica" che aiuti la comunicazione, Internet può essere usato in una quantità svariatissima di modi. Quindi per capire meglio la realtà, e per non capirci assolutamente nulla, per fuggire o per esserci di più. Può essere un ottimo strumento di comunicazione culturale, di mediazione politica e di affermazione di tutte queste cose. Può essere una nuova tecnica di masturbazione, un sistema per conoscere gli altri o per non conoscere più nessuno. È assolutamente bianco, neutro.
Una "realtà parallela"...
Che si interseca nel reale. Non c'è un reale naturale, che è quello vero e poi quello finto, che è quello artificioso. L'uno deriva dall'altro.
Lei partecipa come docente a una scuola di scrittura. Vede l'effettiva possibilità di insegnare una tecnica di scrittura, o forse solo di insegnare a leggere?
Credo che sia abbastanza patetica l'idea che si possa insegnare a scrivere. Che si possa comunicare, invece, entusiasmo e "tecnica", questo sì.
Quindi più un'occasione di incontro, di contagio che altro...
È proprio l'idea di scuola che, almeno in Italia è un po' orrida. La scuola ha sempre posto dei canoni di letteratura che hanno isolato la letteratura dalla realtà, mentre la letteratura deve essere altro.

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