Dovevano essere una serie di racconti sull'inquietudine estiva. L'idea nasceva da un verso della canzone "Azzurro". Quello sconsolato "E allora io quasi quasi prendo il treno e vengo, vengo da te". Ma gli scrittori non sono programmabili ed è così che il primo dei sei racconti che presentiamo riguarda un Natale tragico più che un agosto noioso. Aldo Nove ha preferito interpretare così la nostra richiesta. E, a questo punto, non è del tutto prevedibile nemmeno quello che faranno gli altri interpellati. E "allora quasi quasi" conviene farsi trasportare da questi racconti nei mondi dove i loro autori li hanno ambientati. Sicuri comunque che quelli in cui ci conducono sono percorsi di qualità. Atmosfere, linguaggi che d possono far compagnia in quegli scampoli d'estate in cui viene voglia di leggere. Per chi sente ancora questa magnifica voglia il nostro giornale fissa un appuntamento, anzi sei appuntamenti, per sei lunedì. A partire da oggi. II primo racconto è la storia di Davide e del suo Natale. A Davide piacevano l'eroina, i cartoni animati e il sesso. Non piaceva la scuola e voleva una ragazza. La sua camera, la cucina e il bagno di casa gli procuravano uno strano malessere. Quella sera di Natale si preparava la dose nel solaio di casa. L'accendino appiccò le fiamme al K-way. Bruciò tutto.

da "L'Unità" 2 agosto 1999


Storia di Davide

I genitori di Davide avevano cambiato la serratura di casa perché Davide non rientrasse a casa perato. Davide allora era andato in solaio si era fatto un letto con il vestito da sposa della madre, l'aveva trovato in uno scatolone e si trovava bene. In solaio Davide dormiva e si faceva le pere, pisciava giù dalla finestra. Quando al mattino doveva cagare Davide andava nei boschi, dietro la casa dei genitori.

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Allora Davide stava nel bar a stare.. E tutte le ore anche. E dopo nulla. E prima ha ordinato una birra media chiara vicino al tavolo delle persone sedute a dicembre. nel bar. Prima ha mangiato un coso al cioccolato da millecinque è uscito. È andato alla stazione di Gallarate ha aspettato; due ore. Le ore come a scuola dieci anni prima si assiepavano in un'aula di giorni vuota. Nell'aula c'erano la stazione di Gallarate e tutti i viaggiatori bambini seduti a dicembre nel nulla caldo del cucchiaino gigante, con le decorazioni natalizie dei ferrovieri e la morte. Ai bordi che bruciavano alla porta i secondi, la vita.

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Davide con l'eroina si trovava bene, la comperava alla stazione di Gallarate e poi tornava a casa in autostrada, tutto sfrisando il gardrail. Delle volte si fermava in Autogrill, per vedere se avevano del limone.

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Davide prende il cucchiaino il limone. Nel solaio ci sono attorno gli scatoloni con i fumetti le coperte i quadri. Nei quadri ci sono i paesaggi c'è il vento. Nei paesaggi lontani a scuola negli anni seduto in solaio.

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Davide aveva fatto il liceo perché sua padre voleva che lo facesse, ma l'avevano bocciato tre volte. Poi non ha fatto nulla. Davide non amava nulla. Ogni tanto al pomeriggio andava al cinema, oppure stava sul letto a pensare che un giorno sarebbe andato a Parigi. Suo padre gli diceva che a Parigi ci si trovava bene. Davide però aveva considerato che non sapeva il francese, che a Parigi non ci sarebbe mai andato, o che se ci fosse andato avrebbe avuto dei grossi problemi con la lingua. Comunque qualcosa nella vita avrebbe dovuto fare.

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Nel freddo di Natale a dicembre a novembre in solaio mentre a Varese da basso in Italia il padre di Davide ancora accende le palle dell'albero di Natale, dispone i tovaglioli. La tovaglia rossa la madre di Davide in silenzio nell'aula di scuola dei mesi i ravioli, le fette di carne sul piatto, la vita a Gallarate le ore confezionate in scatole da ventiquattro accumulate nell'aula dei mesi a Natale.

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Per esempio sarebbe potuto andare a Londra. Però Davide non sapeva neanche l'inglese, e quindi non sarebbe potuto andare, a Londra, a Londra avrebbe avuto dei problemi con la lingua, si sarebbe sentito straniero come già gli capitava in camera sua, che pure era il luogo più famigliare che avesse. Camera sua gli dava un senso di malessere che del resto provava anche in cucina e in bagno, malessere che lo colpiva quando era solo e quando era con i suoi, lo stesso malessere che aveva a scuola e dappertutto. Davide aveva provato a dirlo, a suo padre. Gli aveva detto che aveva uno strano malessere. Il padre gli aveva risposto che crescendo gli sarebbe passato, che era normale per un ragazzo provare malessere fino a che non lavorava, fino a che non si sposava.

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Davide accende il solaio il limone la notte il sangue l'acqua le campane il silenzio il freddo novembre gli scatoloni con i fumetti le coperte i quadri con i paesaggi e gennaio, aprile agosto pasqua, il cucchiaino il muro.

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A Davide piacevano i cartoni animati,e i pompini. Desiderava avere una ragazza o più che gli facessero i pompini e desiderava vedere molti cartoni animati. I cartoni animati li vedeva da sempre. I primi pompini li aveva visti su un giornale in una discarica a nove anni. Davide guardava molti cartoni animati. Suo padre gli diceva che doveva trovare lavoro, trovare una ragazza, fare un mutuo e sposarsi. Davide andava in strada e guardava le macchine passare.

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Nella casa Mentana parla. R padre di Davide mangia i ravioli l'albero di Natale lampeggia a dicembre. Nella mente del padre di Davide ci sono gli scatoloni di giorni confezionati l'indifferenza riecheggia nella stanza i saluti, la Omnitel, Mendrisio. La madre di Davide muove il cucchiaio nel brodo, in silenzio.

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Davide non aveva mai avuto una vera e propria fidanzata, e non sapeva cosa volesse dire "vera e propria". Non sapeva cosa volesse dire "fidanzata". Allora si faceva vedere da suo padre con delle ragazze, fino a che non ha sperimentato l'eroina. L'eroina lo teneva impegnato. L'eroina era la cosa più bella che avesse mai avuto e gli costava meOlamente settanta mi- la lire al giorno. Per pro- curarsela rubava in casa, rubava gli stereo dei vicini e gli stereo delle macchine.

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Davide scalda il cucchiaino la soluzione di acqua, limone eroina fumetti paesaggi la Salla, la stufa dei nonni la polvere l'aspirapolvere rotto il comodino della sua camera da letto quando era piccolo, il vento che entra dalla finestra la voce lontano da casa dei suoi di Mentana che parla. Nelle case di tutta la città riecheggiano i saluti i cucchiai nel brodo il silenzio rimbomba i pastori Gesù i pacchetti dei giorni i regali il senso di nausea di Dayide il sangue che sprizza dalla siringa Natale.

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La prima volta che è stato arrestato Davide aveva 24 anni. In carcere era stato due giorni. In carcere erano tutti nervosi. Fuori dal carcere uguale. Poi c'era stato decine di volte. Non ci faceva più caso. Suo padre e sua madre speravano che prima o poi venisse messo in comunità. Speravano che i poliziotti lo portassero in comunità di peso perché era senza fissa dimora, perché non poteva più entrare in casa.

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La madre di Davide ebbe una specie di presentimento, un senso di freddo ai piedi dapprima, come una scossa che risaliva per tutto il corpo. Davide aveva il cucchiaino in mano l'accendino nel buio tremava. Il buio batteva ai.le tempie ribatteva il sangue oscuro il desiderio, i sogni dei bambini. Davide ha preso fuoco il 25 dicembre 1996.

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Allora le prime volte lui stava sui gradini fuori dalla porta di casa aspettava che tornasse qualcuno ma suo padre non lo faceva più entrare. Aveva trentadue anni. I suoi genitori non sapevano che dormisse in solaio. Il 22 dicembre suo padre l'aveva visto che tornava dal bosco. Davide si era fermato, non si sono detti nulla, il padre è andato a lavorare.

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Gli ha preso fuoco il K- way. Una fiammata blu gli ha divorato le maniche dapprima e la faccia mentre si barcamenava con il solaio che prendeva fuoco il vestito da sposa di sua madre che prendeva fuoco è uscito dal solaio istintivamente scendendo le scale tra le fiamme.

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