recensioni di Woobinda e Superwoobinda, Aldo Nove

NOVE: I SOGNI IMPERFETTI

ETA' minima 15, massima 62, media 30. Giovani, si', ma mica poi tanto i protagonisti dei racconti-monologo che Aldo Nove raccoglie nel tascabile appena pubblicato da Castelvecchi, Woobinda.
Woobinda, il "ragazzo svizzero pallido che corre nella savana", e' un ex eroe dei programmi tv, a cui l'autore, ha legato il suo "tantissimo bisogno di sognare". E di sogni (sbandati) in Woobinda se ne fanno assai. Abitanti tutti di un mondo che sembra richiamare un cimitero di frustrazioni e di fissazioni, di tic, di manie, i protagonisti monologanti dei racconti di Nove non fanno che sognare. Naturalmente male. Non a caso il sottotitolo precisa: "e altre storie senza lieto fine".
Ne viene uno stereoscopio di solitari che invece delle generalita' declinano il loro segno zodiacale. C'e' chi confessa: "Ho ammazzato i miei genitori perche' usavano un bagnoschiuma assurdo, Pure & Vegetal". Chi dichiara con vezzo sintomatico:"Mi chiamo Rosalba, ho ventisette anni e sono un attimino bella". Chi attacca: "Quando la testa di Michela rimbalzo' recisa tra le mie mani un rumore sordo interruppe la musica".
E cosi' via. Uno tenta di ammazzare la nonna, un altro inventa la macchina "spaccabaci", una coppia fa l'amore strano con uno strumento elettronico ad altissimo rendimento che si chiama Vibravoll. C'e' chi uccide per uno scherzo a parte e chi fa sesso solitario con la lingua rasposa del gatto, c'e' chi mette il proprio fratello in freezer, chi pensa di farsi Magalli e chi, invece, si fa di Neocibalgina o di punti omaggio. C'e' chi fa il sosia dell'uomo di gomma nel film-cult di Quentin Tarantino, Pulp fiction, e chi s'accontenta di fare il sindaco di camera sua tenendo comizi alle sedie.
La ricetta non nasconde misteri ma certo il cuoco non manca di astuzia e di una certa abilita'. Nella salsa piccante di un postmoderno ben temperato sa calare il suo lesso di quotidiana devianza, insaporendo con qualche antico aroma sperimentale.
La risorsa del racconto interrotto, che inciampa in un'afasia improvvisa e gira a vuoto non ne e' che l'indizio piu' vistoso.
Prove (simpatiche) da scuola di scrittura, in attesa di conferma.

Giovanni Tesio, su "TuttoLibri", del 11/04/1996, pag. 5.


Aldo Nove, la Tv spazzatura diventa romanzo

"Woobinda è un libro che avevo scritto per avere successo con le donne, per partecipare a qualche trasmissione televisiva. Ce l'ho fatta. Superwoobinda è molto di più. Ci sono un sacco di storie nuove! Racconto un sogno tremendo che ho fatto. Racconto quella volta che sono andato a vedere le Spice Girls dal vivo. Racconto in modo avvincente tutte le volte che sono andato alla tele. Una volta alla tele ho conosciuto Alber to Bevilacqua. Io, da bambino sognavo di diventare come Bevilacqua. Secondo me, con Superwoobinda ce l'ho fatta".
Aldo Nove, critico, romanziere e poeta, è uno degli esponenti più vispi di quella letteratura "cannibale" che in questi anni ha contaminato generi, mixato universi, ammorbato segni e sogni con il linguaggio forte dell'orrore e dell'insensatezza.
"Superwoobinda" è la nuova edizione accresciuta di "Woobinda", uno dei libri più famosi dell'editore Castelvecchi.
E "Woobinda", infine, inteso come serie televisiva, è uno dei primi programmi per ragazzi trasmesso dalle reti di Berlusconi. Nemmeno nell'archivio di "Tv Sorrisi e Canzoni" c'è traccia di questo "ragazzo svizzero pallido che corre nella savana".
I personaggi che Nove mette in scena sembrano partecipi del delirio televisivo: non hanno storia, vivono in superficie, sono sempre alla mercé del telecomando o di qualunque altro scarto improvviso della mente. Sono persone che parlano come si parla in Tv ma soprattutto pensano come si pensa in Tv e così allegramente confondono la propria esistenza con quella che scorre sullo schermo. O viceversa. Comici e tragici, ripugnanti e dolci, i racconti di Nove si nutrono di trash: la dignità della scrittura sta nell'affetto disincantato che sopravvive alla sordidezza.
"Superwoobinda", dove i feticci del consumismo televisivo assediano soggetti umani alla deriva, pone perciò uno dei problemi cruciali della narratologia moderna. Perché la cattiva Tv, luogo d'elezione degli sconci e delle miserie, è diventata in questi ultimi anni fonte d'ispirazione e modello linguistico della narrativa? E perché non succede il contrario, perché non c'è una briciola di buona letteratura che attecchisca dentro il piccolo schermo?

Aldo Grasso, su "il Corriere della Sera" del 26 luglio 1998.



Aldo Nove è un po' come la Bibbia: tutti ne parlano, quasi nessuno l'ha letta per intero. Lasciando il difficile compito dell'esegesi biblica all'omelia domenicale del nostro parroco, tuffiamoci adesso nell'analisi dei "lotti" narrativi dei racconti noviani.
Gli oltre 40 racconti di "Superwoobinda" sono suddivisi appunto in lotti numerati progressivamente, proprio come le televendite di prodotti che tutti i giorni allagano i nostri (piccoli) schermi. In questa nuona edizione Einaudi ("Woobinda" è stato pubblicato per la prima volta nel 1996 da Castelvecchi) ci sono poi 12 racconti bonus, che potrebbero essere paragonati all'omaggino che, nelle televendite, viene generosamente elargito alle "prime venti telefonate".
I racconti di "Superwoobinda" non sono mai più lunghi di due pagine e mezzo; spesso si interrompono con parole tronche, senza punteggiatura; cominciano con un incipit- tipo, che prevede il nome del protagonista, la sua età e il segno zodiacale; hanno titoli brevissimi, quasi sempre di una sola parola; quasi mai terminano con la morte del protagonista o di altri personaggi (e questo è un punto assai importante).
Qualcuno ha paragonato queste storie a trasmissioni televisive. O meglio, le ha paragonate a qualcuno che, seduto in poltrona davanti al libro-televisione, faccia zapping col telecomando tra le pagine-canali, ascolti per non più di un minuto o due quello che i protagonisti hanno da dire, e poi cambi canale all'improvviso, dedicandosi ad altro (dal racconto La merda: "Bisogna cambiare la situazione politica. Fare qualcosa per questo mondo. Lo pensavo sempre, da bambino. Oggi, ritengo ch") Stop. Così termina il racconto. Alla pagina immediatamente successiva incontriamo Rosalba ("Mi chiamo Rosalba, ho ventisette anni e sono un attimino bella"); qualche canale dopo c'è Giovanni ("sono un giovane della Bilancia") che una sera, di ritorno dal lavoro, scorge suo padre addormentato sul divano e lo violenta.
I personaggi di Aldo Nove sono degli idioti assoluti; psicolabili ossessionati dai personaggi televisivi; uomini e donne che parlano dicendo"un attimino", "tendenzialmente", "un Mercedes", "tutto questo vorrei non accade mai più"; genitori che si lamentano della troppa violenza presente in televisione, salvo poi lanciare fuori dalla finestra il figlio, presunto indiavolato; mogli che si lasciano sodomizzare da telefoni cellulari che supportano la funzione dell'avviso di chiamata con vibrazione; persone convinte che il mondo si basi sullo yogurt, che sia fatto di yogurt, che ci si reincarni in yogurt (" [Quello] passano gli anni e nel corso dell'esistenza non combina niente, va avanti nella vita così () fino a che muore e ridiventa yogurt").
"Superwoobinda" è la più lucida analisi (certo estrema, esagerata) ad oggi esistente dello stato della nostra televisione, e di quella corposa parte della società che ancora si ostina a ritenere l'esposizione, la visibilità televisiva come momento di massimo fulgore dell'esistenza umana.

Piero Sorrentino su la frusta.


La TV cannibale A cura di Giorgio Sandrolini
Se leggi questo libro non accenderai mai più la televisione.

I primi racconti possono farti ridere. Così come riderebbe un ragioniere di fronte a un film di Fantozzi: "Ma chi sono questi pirla che parlano come gli spot e si chiamano come i protagonisti delle telenovelas? Non è certo mio padre quell'impiegato sfigato; non è certo mio il ritratto di quel bamba sprofondato sul sofà con gli occhi cerchiati dalla luce azzurrognola della TV!". Poi, a mano a mano che vai avanti nella lettura cominci ad arrossire e a guardarti intorno, quasi timoroso che qualcuno ti stia spiando: "Ma guarda un po' 'sto Aldo Nove! Ma chi gliele avrà raccontate tutte 'ste storie sul mio conto, sulla mia famiglia, su dove vivo, su come vivo e cosa faccio".
Insomma, dietro il linguaggio da coatto televisivo, oltre le unghie laccate da aiutante di parrucchiera e la serie top model di cellulari, c'è un autore che ci fa il ritratto e se la ride. Non da ipocrita, ma infilandosi anche lui nell'istantanea, in alto, a sinistra, subito sopra alle nostre spalle: "Aldo Nove, il simbolo vincente di una generazione che non deve chiedere mai".
Meglio essere idioti teledipendenti inconsapevoli o trovare un Aldo 9 qualsiasi che ce lo ricorda?

Recensione su amicocharly


mercoledi, 04 luglio 2001: "Insulti", in scena i racconti del "cannibale" Aldo Nove: "Insulti", in scena i racconti del "cannibale" Aldo Nove Per la rassegna "Raccordi: letteratura e teatro" nel giardino della Casa delle Letterature di Roma, appuntamento questa sera con il testo "Superwoobinda" dello scrittore "cannibale" Aldo Nove, riadattato in uno spettacolo della compagnia teatrale "Sud Costa Occidentale". Titolo dello spettacolo, "Insulti". Regista e interprete, Emma Dante. Sintassi spezzata, parole sospese, atmosfere di desolazione che coinvolgono situazioni e luoghi d' Italia.
INSULTI, stasera alle 21, giardino della Casa delle Letterature, piazza dell' Orologio 3, tel. 06.681.346.97. Ingresso libero.



Superwoobinda, di Aldo Nove
200 pag.,– Einaudi 1998 (Einaudi Tascabili. Stile Libero)



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