Tommaso Ottonieri, Contatto [Napoli, Cronopio, 2002, pagine 126, Euro 11,00]

Linguaggi, corpi e merci: sono alcuni dei temi tracciati nell'appena edito "Contatto", miscellanea di versi e prosa, di Tommaso Ottonieri.
Trama di fughe e ossessioni che si intrecciano nello spazio e nel tempo, e nelle quali spesso ci si imbriglia
In certo gergo digitale "director's cuts" sta per tagli, immagini recuperate a margine e visibili in dvd, come parti dinamiche e un po' apocrife rispetto al resto, ufficiale, di un film.
Qui, in libro, è messa in montaggio una serie di testi inediti che, sottotraccia, ha preso forma di prosimetro, accanto alle opere che Tommaso Ottonieri ha pubblicato, dal 1979 [anno precedente l'esordio precocissimo-"ipertrofico"] a oggi.
Se parti dei recenti "Crema Acida" e "Album Cremisi" nascevano come pezzi radiofonici o cornici di brani pensati per l'ascolto [per non dire della 'musica', tra il sublime-lirico e il trash-canzonettistico, che ri/suona in "Elegia Sanremese"], qui la scrittura è una lente che entra in contatto con il moto dell'occhio, una sorta di 'storyboard' dal piglio cinetico. Non è un caso, allora, che l'ultimo numero della rivista "L'Apostrofo", con un monografico a lui dedicato, s'intitoli proprio "Il Movimento": omaggio al modo particolare che ha, questa lingua, di "debordare", sia attraverso una propria marca espressionista [strutturalmente metamorfica] sia per la resistenza che oppone - nel suo moto - alle forme immateriali con le quali il potere [dallo Spettacolo alla merce-feticcio] conquista lo spazio del testo, colonizzandolo come un ultracorpo.
"Ed ecco che allora io riordino questi sparsi frammenti di suono secondo una confusa sequenza cronologica, nell'ansietà di disfarmene", con un campionamento della Fosca di Tarchetti, in apertura di "Album Cremisi" già si annunciava il progetto di puntellare le rovine [proprie e di un'epoca] radunando i frammenti [portandoli a riva, o in rima] lontano dal consumo in generale ["ermo tumulo delle merci"] e, nello specifico, dal consumo di noi stessi. Qualcosa di simile muove questo "Contatto" [inteso soprattutto come evento - nello spazio e nel tempo - tra corpi, merci e linguaggi] che chiama a raccolta testi per saggiarne e disperderne i contagi: da quello sensuale-metamorfico di "Dispersa" a quello, in "Insonnia", notturno e fisiologico, lungo i confini di un corpo incalzato da quel puntino nero sullo schermo che attende di essere digitato per poi tornare, inappagato, a lampeggiare.
È un 'contatto', altrove, andato a vuoto, straniato sotto le luci strobo di un luogo affollato ["piano si versa fuori il suono del mondo / che dalla pelle assorbe il mio contorno / quando le luci a lama parte a parte / spalmate mi trapassano"…], oppure scritto con una linea transdermica sul corpo, nelle prose de "I canti della terra", da un altro corpo in movimento ["Quello che cammina, quello ti s'imprime, nella retina-pellicola, e tutto quello che passa nella carne si traccia"]. Verifica continua ['conativa', o 'fàtica'…] di un reciproco contatto, nella sezione che dà il titolo al libro: infinita simbiosi o semiosi tra un corpo e l'altro, e tra questi e lo spazio che sta in mezzo ["sentimi: è il mio corpo che modifica lo spazio - così il tuo corpo - che modifica lo spazio - altro spazio..."]. Dal contesto, nel frattempo, le interferenze noise di una musica che fa da sfondo [da Sonic Youth o Laurie Anderson] alle guerre dell'ultimo decennio: una tempesta interattiva e posticcia come un video-gioco ["Benvenuto all'Hotel, al livello finale / Spara quanto ti pare, mai lo potrai lasciare"] in diretta continua da Belgrado, o da Baghdad ["...no io non so no non so smembrare/questo Cumulo di Immagini Rifratte-/Lingue Schizzate levitando attratte/nel Gorgo di parola Occidentale..."]. Ma è proprio l'impossibilità di trattenere - formalizzandolo - l'orrore, di liquidarlo o spaccarlo come un atomo [innescando, quindi, una fissione], a scongiurare un 'contatto' definitivo e letale e a fare, delle sinapsi in moto nella scrittura, l'ideale di una plasticità ancora vitale, di una forma critica 'in movimento'.

SARA VENTRONI
su Carta, n.45, 2002.



E certamente ancora troppo presto per tifare le somme critiche a proposito della poesia degli autori italiani della generazione del cosiddetto Gruppo 93, ma, se c'è qualcosa che può certamente essere affermato al proposito, è che al centro del loro tentativo di rinnovare il panorama poetico italiano erano certamente presenti alcuni elementi comuni: un rilevantissimo bisogno di comunicare, sia pure con linguaggi "complessi", la tendenza a sostituire ai lettori -come possibile target - un vero e proprio "pubblico", nel senso che a questa nozione ha dato Ong, e la necessità di ritornare a "raccontare". Insomma un'attenzione estrema alla fase "fatica" della comunicazione linguistica e alle caratteristiche performative dell'atto poetico, che sono andate di pari passo con una poesia di "pensiero" che ritrovava il gusto di raccontare storie, sia pur "minime".
In questo senso si rivela esemplare l'ultima raccolta di Tommaso Ottonieri, e fin dal suo titolo: Contatto. Certo una parte rilevante degli sforzi di Ottonieri e di molti poeti della sua generazione si è svolto proprio in nome di un "contatto": un contatto nuovo col pubblico della poesia, un contatto nuovo con la realtà, un contatto nuovo con nozioni e generi basilari: quali avanguardia e tradizione, oppure lirica ed epica.
A metà tra antologia e prosimetro, e dunque portandosi all'interno una spiccata propensione narrativa, la raccolta di Ottonieri comprende testi che vanno dal lontano 1979 (un anno prima del suo esordio presso Feltrinelli, con l'indimenticabile Memorie di un piccolo ipertrofico) sino ad oggi, non affidati ad una semplice operazione di "conservazione", ma spesso re-mixati, rimescolati e riproposti quasi fossero musicalissime cover, essi orbitano attorno ad un nucleo gravitazionale comune fatto del ricorrere di temi nodali (il corpo, la merce, la lingua) che disegnano le linee portanti di una poetica fortemente critica del presente, dello stato delle cose. Parallelamente si sviluppa una raffinata ricerca sul ritmo che sfrutta tutti i tic dell'ascolto distratto che riempie la nostra quotidianità, ricamando attorno ai ritornelli sanremesi il disegno di una ritmica a scatti, a spasmi, che restituisce del reale solo brani campionati a singhiozzo, perennemente alla ricerca di un nuovo senso e di una nuova, forse inesistente, dinamica.
Sono i temi e i ritmi della postmodernità e della sua critica radicale, sillabati e rimescolati in un continuo alternarsi (e alterarsi) di prosodia e magmaticità, una magmaticità a volte onnivora, capace di rendere, grazie all'ininterrotto del flusso, la prosa più poetica della poesia, visto anche che la poesia di Ottonieri è sorvegliatissima nel negarsi qualsiasi concessione alla facile melodia, o alla scorciatoia di pensiero.
Da questo punto di vista alcuni dei testi di Contatto restano fortemente attuali, formalmente "modernissimi" e insieme capaci di disegnare un percorso interpretativo dell'ultimo quindicennio - e penso a poesie come Hotel Sarajevo, o Mignon 2001, ma anche a testi più antichi, come Last Days of Disco, o CNN the Storm, esplicite nel dichiarare, con pacata ma esplicita inflessione manzoniana, che solo il vero è bello.

Lello Voce [l.v.]
su L'unità del 10 marzo 2003.

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