OTTONIERI, TOMMASO, Crema acida, Lupetti-Manni, 1997

Per comprendere in pieno le valenze di ricerca e di sperimentazione metaletteraria dell'ultima prosa (romanzo?, metaromanzo?, postromanzo?) di Tommaso Ottonieri, occorre inserirla nella duplice prospettiva che questa sperimentazione oggi schiude; da un lato nell'itinerario creativo dello stesso Ottonieri, esordiente nel 1980 con il singolare e notevole Dalle memorie di un piccolo ipertrofico, per molti versi necessaria premessa - coraggiosa in anni di restaurazione letteraria - alla prosa magmatica di Crema acida; così come alle poesie di Coniugativo è, per alcuni versi, debitrice la sua creatività espressiva. Dall'altro nello scenario della narrativa contemporanea, dove i testi di Ottonieri si collocano con l'originalità di un lavoro sul linguaggio e sull'intreccio che sembra andare decisamente controcorrente rispetto all'essenzialità, alla ricercata povertà, al grand-guignol debole del versante pulp o cannibale dell'attuale prosa "sperimentale". Nella prima prospettiva allora si evidenzia la portata di un'operazione linguistica che acquista un senso preciso, non casuale né isolato, all'interno di un'area "espressivista" che testimonia una tradizione prestigiosa della nostra letteratura, quella che, attraverso le tecniche della contaminazione dei linguaggi, della distruzione dei codici istituzionali, della parodia e dell'invenzione lessicale, promuove una letteratura come critica dell'esistente e messa in scena delle sue contraddizioni. In questo senso va letta la vocazione di Ottonieri a inseguire una sua vertiginosa idea della parola come crocevia di culture, di voci, di codici, di affabulazioni, di ideologie, una vocazione che in Crema acida trova un'efficacia nuova proprio per la molteplicità dei piani che s'intrecciano nella neoplasia verbale. Ad apertura di libro: "Triste landa dove i bisunti putenti miravi campeggiare i frigoverre di tre impilabili formati uso pantani, addensati di condimenti residui... Fra i tremori e fèmori adolescenti in orride tenute grungie, crocchi & cachinni & tocchi (pure) di transex efemcipati, burlanti tanto...". Un simile impasto lessicale si pone come il punto di arrivo di una complessa esperienza neoavanguardistica e post; vi convergono il gioco delle assonanze, delle catene dei significanti, degli inusitati accostamenti lessicali, dei neologismi, insomma tutto quel repertorio di lavoro sul significante che, in un testo narrativo, produce uno straniamento di sicuro effetto ironico, nell'accezione profonda del termine, anche a costo di qualche difficoltà di lettura (a un approccio ingenuo al testo). Ma anche riguardo all'intreccio c'è da rilevare la scelta complessa di Ottonieri, rispetto all'abitudine di tanti sperimentatori che "riscoprono" la trama ma (lo notava opportunamente Cortellessa su "Linea d'Ombra") in un'accezione povera, ridotta a un'essenzialità scheletrica, che dispone in una linearità anonima voci, gesti, nomi. Tanto da far pensare che la vituperata astrattezza geometrica delle funzioni narrative della più rigida narratologia si stia ripresentando sotto specie di un intreccio da cui è allontanato qualsiasi scarto. Nel mondo postmoderno e perfino post-telematico di Ottonieri i personaggi si rincorrono in una investigazione paradossale, in relazione al misterioso ribasso degli struzzi farciti, in vendita presso una catena di supermarket, ribasso che mette in crisi i delicati equilibri del mercato globale. L'investigatrice Orfica conduce il lettore attraverso un universo galleggiante in una marmellata di merci e di parole, dove tutte le cose sono rese omogenee dalla propria natura di oggetti da consumare e da scambiare, trionfando una realtà sintetica o virtuale che non si scioglie nemmeno nel finale, dato che Crema acida di finali ne offre diversi, soluzioni da sovrapporre o da incastrare l'una sull'altra. Estrema parodia di una narrazione che, quando lo svolgimento narrativo sembra impantanarsi, agisce in realtà sui piani linguistici, evidenziando il valore dinamico di una scrittura ben consapevole delle proprie origini e del proprio presente.

G. Patrizi
su L'Indice dei libri del mese, n.03, 1998.


Meteorite di struzzo

Per capire questo romanzo di Tommaso Ottonieri è necessario almeno ricordarsi il titolo del suo primo, Dalle memorie di un piccolo ipertrofico, uscito da Feltrinelli con l'avallo di Edoardo Sanguineti. Perché quell'aggettivo di ipertrofico lo assilla ancora, o meglio è la caratteristica funzionale di questo suo ipertiroidismo linguistico. Crema acida è una peregrinazione investigativa sui materiali della cultura contemporanea, vissuti e riscritti, reinventati, nella galoppata narrativa di Ottonieri.
L'atmosfera sospesa e incasinata è un po' da "X-Files", da racconto non identificato, o addirittura da contaminazione mass-mediologica, tipo "Blob" terzaretetelevisiva, una scrittura acidula dove materiali colti e prosaici cozzano tra di loro. Non mancano certo alcuni tic tipici dell'avanguardia post Gruppo 63, e cioè certi accentuati, ma validissimi sul piano espressivo, borbottii gaddiani. E così il romanzo che dovrebbe raccontare le cause di un ribasso del prezzo degli struzzi farciti nell'immancabile e quasi planetario "Thanksgiving day" (e cioè il "giorno del ringraziamento" americano) si frantuma come una meteorite in centinaia di frammenti narrativi. Si monta così, per affastellamento, "una storia che non finisce anzi s'accresce sul suo presente su di sé, così il nulla che divora e s'accresce".
Ma le "microstorie", le tessere stilistiche di questo caravanserraglio di prove stilistiche cucite insieme come in un catalogo di un venditore, rimangono lì a divertirci anche ad apertura casuale di libro. Una specie di flaubertiano "Bouvard" e "Pécuchet" fanta-enigmistico, alle soglie dello sciocchezzaio di fine secolo.

di MIRKO BEVILACQUA
su , 1998.

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