[[[[[Legoland
Realizzato per l'ultima Biennale Giovani di Torino, e
reperibile in cd nell'ultimo "Derive Approdi" (con una nota di Aldo Nove),
Sex in Legoland di Giovanna Marmo inaugura un inedito, perturbante
statuto di poesia-giocattolo, di poesia pronunciata (giocata) 'oltre' ogni
possibile poesia: parola ("totale") che si aliena dal suo corpo, per
colare poi in un micro-stampo capace di trasformarla in quel blocchetto
spigoloso, compatto, incastrabile, che modularmente compone un discorso
sempre dissociandosi da sé (e riaggregandosi in una rete di connessioni
fra arti visive, musica, mimica, installazione). È un Legoland dalla parte
delle bambine, quello che fa da sfondo alle sceneggiature di Marmo: un
mondo liscissimo e fiabesco, meraviglioso e terrorizzante, iperfunzionale
e già inerte, programmato, nei minimi dettagli, fin dal preview visibile
sulle confezioni e ancor più nelle istruzioni di montaggio, eppure
destinato a disgregarsi nella miriade dei suoi pezzi e a reincastrarsi in
nuove combinazioni mostruose: un mondo perfetto e ineccepibile, logico e
asettico, ma che si tiene insieme solo precariamente - e su cui incombe,
gigioneggiando, il sorridente 'creep' di Schizofrenia. In questo mondo
fantastico, lei, (donna di) Marmo, - quasi Biancaneve Meccanica, bambola
parlante metallica dal fondo del suo coma tra i saltelli d'invisibili
"Nani Nudi" (questo il nome del "gruppo"), cioè quasi Heidi delle
Plastiche, intonante il suo jodel in harmonizer (così sdoppiando in sé la
voce e la stessa identità, a popolare il deserto della sua valle), - lei
ci esibisce al completo un mini-kit di smontaggi, lasciandolo espandibile
serialmente nel riprodursi di codici a barre e lotti commerciali. Qui,
stregata, la parola si stacca da sé, galleggia nel fluido di una musica
giocattolo (assemblata e "rigiocata" meravigliosamente da Francesco Prota
di Loup Garou), si scandisce per ricomporsi lontana nella spietatezza d'un
ballet mécanique: lego-cubismo d'una emozionalità dissociante,
subito raggelatasi in cristallo, o marmo, giusto farsi più crudamente
comunicabile, annidata com'è nelle slogature d'ogni contatto incidentale,
d'ogni incastro provvisorio. - Senza alcuna via d'uscita, quasi fosse
un'indecifrabile terapia, ci troviamo catapultati dentro un reame di
regolate crudeltà, di scandite e candide abiezioni, dove un corpo sparge e
rimonta i suoi pezzi come nello splatter della più placida delle sale
operatorie, o già straniato nelle sue astratte segnaletiche (Artaud
Witkin, Residents e persino Brecht, tutti fusi in mattoncino, in
micromostro componibile); dove domina la modularità disarticolante della
plastica e la sua presenza spigolosa, è lì che andranno a incastrarsi i
difformi pezzi di una sessualità 'impossibile', nei multipli accoppiamenti
dissociati, condotti da una moltitudine di corpi avulsi i quali, pure, non
smettono di cercarsi macchinalmente: connessi e deconnessi a ciascun altro
e a sé, desiderandosi. E allora, forse, ciò che ci dicono queste
agghiacciate favole d'estraneità, è che nel Legoland desolante che
abitiamo, nella globolandia dove la scelta è circoscritta al pezzo a cui
annettersi, il "sesso", per quanto seriale, estraneo, disarticolato
meticolosamente nel più astratto e ludico degli incastri sado-maso, resta
una tecnologia plausibile di ri/aggregazione del sé, una forma di
"resistenza" linguistica (resistenza dei corpi): la regola (di
Cruauté) per cui la memoria scomparsa del corpo non desiste dal
ricombinarsi; slegando i giochi bloccati, aprendo all'imprevedibile del
contatto. Non per nulla, il numero (ricchissimo) di "Derive Approdi" (a
cui il cd è accluso) s'incentra su una riflessione su Singolarità e
Moltitudine, a partire da un concetto di individuo sociale rivelante
la moltitudine come "commistione di singolarità irripetibile e anonimia
della specie", e "la vita di gruppo" come "l'occasione di una ulteriore e
più complessa individuazione" (qui, Virno, sulla base di Simondon). -
Perché (leggiamo qui in un inedito di Deleuze), "l'essere non è mai uno:
in quanto preindividuale", indifferenziato, "è più di uno, metastabile,
sovrapposto, e simultaneo a se stesso; in quanto individuato, è multiplo,
ovvero polifasico, 'fase del divenire che condurrà a nuove
operazioni'".]]]] |