L’ODIO NO.

di Raul Montanari


Avevo quattordici anni ed era inverno quando ho fatto questo sogno.

Vado a confessarmi nella mia vecchia chiesa, dove ho fatto la Prima Comunione. Davanti al confessionale c’è una fila lunghissima di vecchiette che assomigliano tutte a mia nonna, quella che è morta. Ce ne sarà almeno per un’ora, accidenti! Sto per andarmene all’oratorio a giocare a ping-pong quando mi accorgo che le vecchie mi sorridono tutte e mi fanno segno di andare avanti, che loro hanno tempo.

Mi inginocchio davanti alla grata e snocciolo veloce i miei peccati: atti impuri ecc. Poi dico:

“Volevo chiederle una cosa, padre” Il prete non risponde. Io proseguo. “Mettiamo che io alla fine me la cavi… insomma, che vada in Paradiso. Magari prima passo dal Purgatorio per quei duemila-tremila secoli, ma poi ci arrivo, nel Paradiso dei beati. Io sarò sempre io? Cioè, sarò sempre Raul, vero? Mi ricorderò delle persone a cui voglio bene, di quelle che odio, potrò ancora ascoltare la musica che mi piace? Sarà tutto come prima però più bello, giusto?”

“Sì, tu sarai tu.”

La voce mi dà i brividi, perché non è quella del prete mio amico, il prete giovane simpaticissimo, che fuma e dice le parolacce, con il quale faccio lunghi dialoghi teologici alla fine di ogni confessione, mentre la gente fuori dal confessionale immagina che gli stia raccontando chissà quali peccati spaventosi. E’ più profonda, senza accento, con uno strano riverbero.

“Ma per essere io” insisto “non devo lasciarmi dietro niente… cioè, devo continuare a tenere all’Inter… anche se forse il campionato non ci sarà più… e soprattutto devo continuare a odiare. Ci sono conoscenti che odio, colori che odio, squadre che non sopporto, personaggi storici che detesto, e poi gente che mi ha fatto del male… voglio dire, io non riesco a pensare a me stesso senza quest’odio. Io non sarei più io senza quest’odio. L’odio potrò portarlo con me anche in Paradiso?”

“No. In Paradiso non c’è posto per l’odio.”

Nuova scarica di brividi lungo la schiena. Mi sporgo dal confessionale e guardo le vecchiette, come per ritrovarmi su un territorio amico, ma hanno tutte la faccia coperta dalle mani.

“Ma padre,” ricomincio, “lei capisce cosa voglio dire… se perdo l’odio sarà come se mi facessero il lavaggio del cervello, una lobotomia…” (avevo appena visto Qualcuno volò sul nido del cuculo, e mi aveva fatto un’impressione micidiale). “Perdere l’odio è come perdere l’amore, e allora tanto vale essere morti! Se io mi sveglio domani mattina e non mi ricordo più chi sono, Raul è morto! C’è un’altra persona che vive al suo posto, ma il vecchio Raul” (nel sogno ho detto proprio così, e avevo quattordici anni!) “il vecchio Raul pieno di brufoli e di magagne a cui io sono molto affezionato, insomma, lui non c’è più. E quest’idea mi spaventa, non la sopporto proprio!”

“Niente odio nella casa del Signore” replica lui, e improvvisamente ho come un’illuminazione, qualcosa di enorme pieno di luce mi si spacca nel cervello, e mi sembra di capire con Chi sto parlando. “Potrai portare con te tutto il tuo amore, l’odio no. Accontentati dell’amore. Starai meglio, credimi.”

“Ma… ecco…” borbotto io, trovando non so dove il coraggio per continuare. “Non dico proprio odio, magari antipatia, fastidio, queste cose qui… insomma, non potrò mica amare le zanzare… la portinaia della scuola… il festival di Sanremo…”

“Sì, dovrai” conclude Lui. So che è una cosa inconcepibile, ma mi sembra stanco. Mi fa recitare “O Gesù d’amore acceso, non Ti avessi mai offeso” e tace, come per congedarmi.

“Mmh… e per penitenza?” chiedo io.

“Esci di qui e vai a vivere” mi risponde Lui.

Mi alzo. Le vecchie sono tutte intorno al confessionale, a cerchio, e mi guardano curiose.

Mi faccio largo fra loro, spingendo, ed esco dalla chiesa.

Fuori piove.

 

 

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