da - “L'esistenza di Dio” - di Raul Montanari


L'esistenza di Dio

1.
24 marzo 2000, venerdì.

Un inizio e una fine.

Portati in casa una pazza e farà impazzire anche te.
Non so perché furono queste le uniche parole che mi vennero alla mente, e ci rimasero a lungo, mentre ero affacciato alla finestra e guardavo il corpo di mia moglie steso sull’asfalto, venti metri sotto di me.
Forse fu perché quello stesso giorno ero tornato dall’ospedale dove era morta mia madre, e sapevo che era stata lei a pronunciare quella frase, la prima volta che le avevo parlato di Sara. O forse perché davvero ero pazzo anch’io, da tempo.
Pioveva, dopo tre mesi di siccità, e le gocce mi colpivano la nuca, rimbalzavano sul davanzale a cui appoggiavo le mani. Sara stava laggiù supina, nuda, con le gambe aperte e un braccio di traverso sul suo piccolo, bellissimo seno. La faccia mi guardava, mentre una pozzanghera rossa si allargava dietro la testa. Ansimavo, il sangue mi colava dai graffi che lei mi aveva lasciato sulle guance e sulle mani, e sentivo i pugni di Carlo picchiare contro la porta di casa, la sua voce spaventata che gridava il mio nome:
“Adriano! Adriano, cosa succede? Aprimi! Adriano!”
Carlo sapeva che eravamo in due, lì dentro, non poteva aver visto il volo di Sara, eppure chiamava solo me. La gente laggiù cominciava ad avvicinarsi al marciapiede dove lei era caduta, davanti al portone del palazzo, e le facce spuntavano da sotto gli ombrelli e scrutavano la finestra all’ultimo piano, dove stavo io. Guardavano lei e guardavano me, su e giù, senza parlare. Una donna con un cane sbucò dietro l’angolo, vide il corpo a terra, si piegò in due e svenne. Il cane cominciò ad abbaiare. Non sapevo se qualcuno mi aveva visto lottare con Sara. Dall’altra parte della strada c’era l’oratorio, e il custode era uscito con sua moglie e mi indicava con il braccio teso. Alle mie spalle Carlo continuava a gridare: “Adriano! Adriano!”.
Alla fine, sopra il rumore del traffico di Milano e i colpi alla porta si alzarono le sirene dell’ambulanza e della polizia, prima lontane e poi improvvisamente vicine, e mi sembrò di riconoscere per la prima volta questo suono, che pure mi era familiare da quando ero bambino... mi sembrò di capire solo ora che tutte le sirene udite negli anni non erano state che una preparazione per quelle che sentivo adesso. Erano come l’inno nazionale prima di una partita di calcio: un inizio e una fine in cui precipitava la mia vita, com’era stata fino a pochi minuti fa.
Là sotto tutti avevano fatto cerchio intorno al corpo di Sara, qualche ombrello la copriva, ma gli occhi rimasero nudi e azzurri sotto la pioggia, e non smisero mai di guardarmi.

2006, Baldini Castoldi Dalai.

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