da - Scrivere sul fronte occidentale” - a cura di Moresco e Voltolini


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una di
Due cose (per dire che non cambiera' niente, anzi e' gia' tutto di nuovo come prima)
di Raul Montanari



1. Teoria del pedofilo innocuo

Il 14 ottobre scorso sono andato a fare un piccolo reading in una galleria privata milanese. Mi avevano chiesto di scrivere un racconto a commento o accompagnamento dell'installazione di un artista visivo, Michele Chiossi. Qualche sera prima avevo quindi composto un pezzo breve intitolato Unhappy Hour, una sorta di monologo: il protagonista, un pedofilo non violento (seduttivo, insomma, ma in galera ci andrebbe comunque) di mezza età, si confida con un amico silenzioso bevendo un daiquiri preparato male, e gli racconta come l'amore per le ragazzine giovani e giovanissime abbia scardinato la sua vita. Sono andato al reading preparato al peggio, perché so cosa succede in questi casi: poiché sono d'accordo con tutti coloro (ultimo a esprimersi, con molta chiarezza, Giuseppe Pontiggia) che ritengono compito del narratore vivere il personaggio immedesimandosi in esso al punto da farsene sorprendere, cioè assumere la scrittura come operazione cognitiva e non come semplice rispecchiamento di una realtà materiale o mentale preformata, poiché insomma i torturatori, assassini, pervertiti che ogni tanto entrano nelle mie pagine non sono per niente "umanizzati", perché sono io ad andare da loro e non loro a venire da me, sono io a verificare nel pedofilo la mia pedofilia, nel torturatore la mia crudeltà, e non sono l'assassino e il pervertito a unirsi a me e al resto dell'umanità in un caldo abbraccio assolutorio perché sì, in fondo anche loro amano i cani, hanno avuto un'infanzia così così e tengono all'Inter… insomma, a causa di tutto questo ho accumulato abbastanza esperienza per sapere cosa accade quando ci si dà in pasto a un pubblico in compagnia (o nei panni) di un personaggio radicalmente disturbante: la maggior parte degli spettatori si raggela, si ritrae, si disgusta; alla fine cinque o sei iniziati gratulanti ti circondano come per difenderti, mentre i pochi applausi si diradano e tutti voltano le spalle e si lanciano sul buffet. Con mio enorme stupore, la serata non è affatto andata così. Tutti hanno ascoltato con molto trasporto la storia del pedofilo esistenzialista, e dopo l'ultima parola del monologo c'è stata un'ovazione. Riavutomi dalla sorpresa, e dall'ebbrezza che accomuna i caratteri deboli quando sono al centro di una manifestazione di consenso, ho provato a spiegarmi perché l'esito della lettura era stato così diverso da quello che mi aspettavo. Forse il racconto era migliore di altri? No, non mi sembrava. Non mi sembra. Avere iniettato nel personaggio robuste dosi della crisi dei quaranta, da cui non sono ancora uscito, lo aveva reso più toccante di quanto io stesso non potevo percepire? Neanche questo. Alla fine ho pensato questa cosa.
La strage delle Twin Towers, con tutto ciò che è seguito, può essere descritta come uno scatto in avanti da parte della realtà. La realtà si è presa un vantaggio sul resto del gruppo, ha cambiato rapporto ed è scappata via, in fuga. Questa sua accelerazione consente, anzi addirittura stimola, analoghe accelerazioni da parte della fiction.
Il globo di polvere delle torri di Manhattan, benché meno scenografico di un fungo atomico, è un ombrello, un cappello sotto il quale è possibile fare cose che prima non si facevano, proprio perché sotto questa cappa tragica insufflata di miasmi mediatici tutto il resto ha perso importanza: la rappresentazione di un Male supremo riduce a semplice apprendistato o edizione minore ogni male parziale, circoscritto, implosivo. Il rombo dei crolli e dei bombardamenti a seguire è stato tale da assordare l'opinione pubblica, tanto che il governo italiano in un periodo di tempo brevissimo ha promulgato leggi sicuramente impopolari (non dico sbagliate o ingiuste: mi limito a dire, trovandolo più pertinente, impopolari), sicuro che il clamore suscitato dalle opposizioni in Parlamento avrebbe perduto la battaglia acustica con il big bang del WTC; sicuro che l'ora fatale, con i suoi rintocchi bellici e belluini pure, avrebbe ridicolizzato questioni come il conflitto di interessi fra il massimo imprenditore dei media e il suo ruolo di capo di quel governo, o pinzillacchere analoghe.
Dobbiamo fare come loro, ho pensato! Prima che la polvere si depositi e il quotidiano abbia il sopravvento sull'eccezionale, la fiction scatti anch'essa in avanti - sguisc! - e sdogani contenuti impresentabili, porti o riporti in scena l'osceno, strappi via qualche braghettone non solo dagli organi genitali dei propri protagonisti ma anche, naturalmente, da certi abissi dell'interiorità, dalle geometrie narrative audaci, dai linguaggi inesplorabili; insomma, approfittiamone anche noi! Circa tre anni fa, a seguito di una serie di coincidenze a livello internazionale (penso ovviamente ai casi estremi di violenze assassine su minori avvenuti in Belgio), il pedofilo era diventato il mostro per eccellenza, la trave nell'occhio dell'umanità, succedendo in questo ruolo al trafficante di droga e prendendo il proprio posto in una serie il cui primo anello va collocato, si capisce, nel giardino dell'Eden. Con l'entusiasmo caratteristico di chi si sente dalla parte del giusto e del buono, gli indignati di professione avevano cominciato a scoprire l'acqua calda. Cioè che esistono regioni pericolose e buie nel meccanismo dell'eros, che una di queste aree a rischio è l'attrazione verso soggetti molto giovani, e che questa attrazione può assumere aspetti coercitivi nonché omicidi particolarmente repellenti, dagli snuff movie alle bavose attenzioni di padri e zii. Il tentativo da parte di Aldo Busi di staccarsi dal coro, e dire qualcosa di intelligente sulla sessualità infantile, era stato sepolto sotto una slavina di contumelie e senso comune, e aveva avuto come esito un ostracismo dei media nei suoi confronti che non si è ancora del tutto allentato.
Ora, ho pensato, la scena è trasformata. Basta che il pedofilo non dirotti un bimotore e non venga a schiantarsi contro il nostro condominio, e può anche fare quello che vuole. Be', non esageriamo: il giudizio su di lui non muta, è mutata la graduatoria, l'assiologia del male. Di conseguenza muta l'atteggiamento di ricezione: il pubblico non cambia subito canale, concede a chi propone argomenti inquietanti un po' di udienza in più: ci si impressiona meno.
Credo che questo ragionamento avesse qualche fondatezza, quando l'ho formulato. Adesso lo considero completamente superato dai fatti.
La straordinaria capacità di assuefazione a cui ci hanno portati i media nel loro insieme - ma gli audiovisivi in particolare - ha già rinormalizzato l'anormale, ricomposto il quadro. Ai primi di dicembre del 2001 la guerra in Afghanistan era tutt'altro che conclusa, il pericolo di nuovi attentati in varie modalità ancora ben vivo, in pieno e drammatico svolgimento il dibattito sul significato dell'intervento bellico, sulle sue implicazioni etiche e sulla sua possibile espansione; eppure tutti i TG (almeno quelli che ho visto io) hanno dedicato per diversi giorni la loro prima pagina alla sentenza per il delitto di Novi Ligure: una storia di matricidio e fratricidio perpetrati da adolescenti che ha tutto l'aspetto di un rovesciamento simmetrico delle forme omicide di pedofilia, con il loro portato di moralismi, di scontatezze, di ben pettinati interrogativi psicosociologici da talk show.
Nessuno sa più nemmeno quanti sono morti sotto le Twin Towers (una buona domanda per un telequiz, con la scelta fra risposte predefinite: 5.430? 7.218? 11.566?), nessuno saprà mai quanti sono morti in Afghanistan. In compenso l'euro ci angoscia: il salumaio sotto casa (ne esistono ancora, a proposito?) ci imbroglierà sul resto? E le banche, le assicurazioni, le poste, cosa faranno? Il prezzo dei giornali è già aumentato, intanto: motivo in più per risparmiare guardando la TV.
Non dico che tutto questo sia male: la nuova intensificazione dell'attenzione al quotidiano riattiverà, fra le altre cose, il controllo che più o meno cerchiamo di avere sull'operato di chi ci governa. Lo spazio che la Supercosa ha lasciato libero viene già di nuovo timidamente occupato dalla politica spicciola, da una benefica miopia.
In ogni caso, sono sicuro che se rifacessi domani il reading sul pedofilo-non-dirottatore le cose non andrebbero come il 14 ottobre. [...]

estratto da: Raul Montanari -Scrivere sul fronte occidentale- Feltrinelli 2002

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