Antonio Moresco, Gli Esordi

di Tiziano Scarpa


Ho letto tre volte Gli esordi di Moresco e ancora non sono stufo. In poche righe non potrò dare conto di questa fantastica esperienza di lettura, di vita. Ci provo lo stesso.
Il titolo: esordisce tre volte il protagonista. La prima volta, in seminario si avvicina alla vozione sacerdotale. La seconda volta, in un gruppuscolo rivoluzionario arriva alle soglie del terrorismo. La terza volta trova un editore apparentemente disposto a pubblicare.
La struttura: è in tre parti, intitolate "Scena del silenzio", "Scena della storia " e "Scena della festa". Il protagonista è sempre lo stesso, ma le tre "scene" non sono immediatamente concatenate fra loro. Si interrompono quando il giovane dice sì al sacerdozio e al terrorismo, senza poi raccontare queste due esperienze. I romanzi di formazione mettono in bell'ordine cause ed effetti per disegnare un destino con l'illusione della coerenza. Nella realtà invece, sembra dire Moresco, si vivono fasi e identità così dissimili da non poter essere considerate consequenziali. Tuttavia qui la coesione c'è, fortissima: sta nella tensione del protagonista verso strade sempre radicali, estreme, assolute: la santità, la rivoluzione, la letteratura.
La trama: il giovane seminarista ha smesso di parlare. E' talmente assorto in tutto ciò che gli accade da ricavarne continue sensazioni lancinanti. Sa percepire anche le relazioni e la violenza represse fra i suoi compagni, ma è chiaro che in fondo non gli interessano. Un giorno vengono a prenderlo: deve subire un intervento al pene, una circoncisione. In convalescenza nella villa di campagna dei parenti conosce una ragazza strabica, assiste al grande incendio di una massa enorme di rifiuti. Quando torna in seminario, per farlo ricominciare a parlare chiamano uno specialista confessore, soprannominato il Cavatappi.
Tempo dopo, il giovane taciturno è diventato un attivista politico che fa comizi! Con una minuscola macchina gialla gira paesi e cittadine a riscuotere sottoscrizioni, a tesserare, a ristrutturare vecchie sedi di partito. E' la parte picaresca del libro, piena di dialoghi, incontri cominci, racconti incastonati: come la relazione sessuale tra Lenin e Anastasia Romanova, narrata da un vecchio militante comunista in delirio sul letto di morte.
Poi il romanzo fa un altro salto in avanti. Il protagonista ha preso contatto con il più ambiguo degli editori: afferma di ammirare il suo manoscritto ma si fa negare al telefono, non lo pubblica però gli manda in casa un biografo affetto da invecchiamento precoce. L'editore ha colto la forza devastante della , sua opera, cerca di indurre l'autore stesso a eliminarla, e infine prova a buttare giù il protagonista dalla cima del Duomo di Milano.
L'inizio: già le prime due parole di questo romanzo ne dichiarano la grandezza: "lo invece mi trovavo a mio agio in quel silenzio". Se dovessi scegliere un emblema di tutta la letteratura, prenderei proprio queste due parole. Scrivere significa dire al mondo: "io invece", contrapporsi ai libri dei morti e ai discorsi dei vivi.
La scrittura: trasognata, aurorale, presocratica, creaturale, abbagliata dalla luce, ottiene effetti sommamente espressivi senza praticare alcun espressionismo linguaiolo. Spiazzerà la nostra critica attardata sulla contrapposizione fra sperimentalismo e classicità. Ma voi fregatevene dei critici italiani. Non perdetevi questo romanzo meraviglioso.
Una frase: "Non è difficile guidare addormentati", mi dicevo, "basta sognare esattamente le stesse strade che stiamo percorrendo"

ANTONIO MORESCO GLI ESORDI Feltrinelli, pp. 535.

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