SCARPARICERCARE2002

"E' una cosa buona e giusta ma si fa una fatica pazzesca" di Tiziano Scarpa


Per colpa di "Ricercare" nella vita ho perso almeno mezza morosa. E' andata così. Sono stato invitato all'edizione del 1996. A "Ricercare" si porta un racconto. Ogni autore invitato ha venti minuti di lettura a disposizione. Finito di leggere, i critici e il pubblico in sala reagiscono a caldo dicendo il loro parere su ciò che hanno ascoltato. Ci sono state liti appassionanti, gente che è uscita sbattendo la porta, gridando "io qui non ci metto più piede!", sghignazzi, discussioni succulente, formazioni di schieramenti imprevisti, critici che si inventavano su due piedi una nuova poetica per difendere la lettura un po' deludente di un amico scrittore, indimenticabili numeri di cabaret di Renato Barilli e Francesco Leonetti...
A me questa cosa di dover essere giudicato metteva ansia. Mi sembrava di andare a un esame. "Ho trentatré anni, potrei aver già fondato una religione in Palestina, comandato il mio primo bastimento in un romanzo di Conrad, e mi trattano ancora come uno scolaretto di quinta elementare!". Perciò ho deciso di impersonare questo mio umore: ho, come si suol dire, "somatizzato". E siccome non avevo nessuna voglia di farmi venire un eritema, ho somatizzato con un vestito. Mi sono camuffato da ragazzino delle elementari: grembiule nero, colletto bianco merlettato, fiocco di raso azzurro, calzoncini corti, calze bianche, scarponcini alla caviglia. Questo costume non c'entrava nulla con il brano che ho letto in sala. Era un modo per prendere un po' in giro il consesso di critici che mi volevano fare l'esame, ributtandogli in faccia la loro inguaribile tendenza a impostare il mondo in termini scolastici... Alla fine della mattinata, ho commesso un grave errore. Ho permesso a un fotografo di farmi alcuni scatti. La mia foto in costume da scolaretto è circolata abbastanza negli anni successivi su giornali e riviste. Ora, siccome io sono un fanatico ottimista, penso: ci sarà pure, in Italia, una mezza lettrice a cui sta simpatico quello che scrivo. Ci sarà pure uno straccio di donna che, leggendo mezza pagina mia, si dirà in cuor suo: "ma senti questo, quasi quasi mi piacerebbe conoscerlo, farci una passeggiata, uscirci una sera... Chissà com'è, che aspetto ha...". Ebbene, questa mezza morosa potenziale, quando sarà incappata in quella foto e mi avrà visto ridotto così, trentenne dalla testa ai piedi, con gli stinchi pelosi, in costume da scolaretto, avrà soffocato nel ventre qualsiasi embrione di desiderio di scambiare tenerezze con il sottoscritto.
Sono tornato a Reggio Emilia nei due anni successivi, a "Ricercare '97" e "Ricercare '98", questa volta in veste di critico. Mi sono messo dalla parte della commissione d'esame. Tradire è bello. Questa volta avevo il coltello dalla parte del manico, la paletta dalla parte del voto, la storia della letteratura dalla parte del manifesto d'avanguardia, il linguaggio dalla parte del "si deve" e "non si deve". L'ho usato spesso per incrociare lame, voti, manifesti e doveri letterari con gli altri commissari d'esame. A me le parole piacciono tutte intere, e quando un professore diceva che le parole sono importanti per il suono che fanno, io dicevo: "sì, ma anche per le cose che ti fanno immaginare". Quando un altro professore, mezz'ora dopo, diceva che le parole sono importanti per le cose che ti fanno immaginare, io ribattevo: "sì, ma senti che bel suono che fanno".
In generale, a "Ricercare" si parla molto male del mercato. A ben vedere, il movimento no global è nato a Reggio Emilia, scaturisce da occhialute recensioni di critica letteraria. Sempre per fare il bastian contrario, non per altro, vorrei far notare che gli artisti visivi stanno malissimo, perché sono completamente nelle mani dei critici d'arte e dei galleristi, e non hanno mai un contatto immediato, cioè senza mediatori professionisti, con il loro pubblico, mentre uno scrittore tutto sommato non ha bisogno del supporto di critici e editori, basta che pubblichi da qualche parte e i suoi lettori li incontra...
Per alcuni, "Ricercare" sarebbe il covo dei vecchi leoni della Neoavanguardia, che si sono riciclati vampirizzando un'intera generazione di esordienti. Non sono d'accordo. Basta vedere l'elenco degli scrittori invitati, di tutti i generi e tendenze, e i nomi del comitato selezionatore, che nel corso degli anni ha dato udienza a Reggio Emilia anche a un'idea di letteratura molto attenta alla narrazione di intrattenimento e un po' anche alle ragioni del mercato. Per altri, "Ricercare" era un posto dove gli editori correvano a mettere sotto contratto giovani scrittori sconosciuti. Non sono d'accordo. Gli editori, a casa loro, leggono un sacco di roba. Se poi c'è qualcuno che gli allevia il compito smaltendo anche lui qualche tonnellata di manoscritti inediti (e, in Italia, questi qualcuno sono soprattutto "Ricercare" e il Premio Calvino), è evidente che un editore in gamba dà un'occhiata per vedere se da quella tonnellata è uscito qualcosa di buono.
Insomma, "Ricercare" è cosa buona e giusta, ma ha un difetto: è una fatica pazzesca, dopo tre giorni di letture e ascolti e scontri e stragi di avverbi rimanevo imbambolato, senza forze, prima di riprendermi ci mettevo altri tre giorni, mentre vedevo accanto a me Barilli che saltellava tutto ringalluzzito ripetendo: "che bello, lo rifacciamo, l'anno prossimo lo rifacciamo, anzi, ricominciamo subito, adesso, venite qua, riprendiamo tutto daccapo!", poi diceva tantissime altre cose ma a quel punto io ero già a terra svenuto.

da La gazzetta di Reggio, ottobre 2002.

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