Critica dell'ideologia. Alla lettera

Kamikaze d'occidente si propone come il romanzo di una nuova letteratura. Di che si tratta? Scarpa e altri suoi compagni scrittori (Benedetti, Moresco, Mozzi ecc.) ne hanno parlato per la prima volta un paio d'anni fa in un convegno milanese che aveva per titolo Scrivere sul fronte occidentale. In quell'occasione dichiararono la necessità (e non solo per lo scrittore) di porsi diversamente nei riguardi del mondo, abbandonando la pratica, di leggerlo secondo schemi ideologici, che gerarchizzando il peggio in maggior e minore (sì, gli americani sono cattivi ma i terroristi ancor di più o il contrario), finiscono per giustificare gli uni o gli altri. All'origine di questa insensatezza (e grave colpa) vi è il trionfo (che per tutto il secolo scorso ha imperversato) della cultura relativistica, del convincimento che la realtà è senza realtà, che viviamo in un mondo virtuale dal quale possiamo difenderci alzando il velo dell'ironia che, ci permette (di prendere le distanze da quel mondo e scampare nel ricovero della consapevolezza. In verità per questa strada finiamo per essere i maggiori responsabili dello svuotamento della realtà, ogni nostra azione mentre la compiamo la mettiamo in forse, di ogni pensiero ammettiamo (svuotandolo) la possibilità del pensiero opposto, della verità non solo diffidiamo (non sapendo dov'è - ma chi sa dov'è?) ma la aboliamo perfino come ricerca. Tutto questo (se pur svolto con argomentazioni articolatissime ricche di esempi e di riferimenti culturali - rispetto alle quali le mie semplificazioni sono semplicemente vergognose), dunque tutto questo è stato denunciato in quel convegno e, per contro, è stato sostenuto che "non è vero che il tardo capitalismo smaterializza la vita. La realtà non è svuotata di realtà. La virtualità non esiste".
"Bombardare l'Afghanistan è solo un acting out paranoico (come dicono i credenti della virtualità)? No, bombardare l'Afghanistan è molto di più! È anche morte, distruzione, dispiegamento della tecnologia bellica". "I non luoghi non esistono. Ogni luogo è un pieno. Tutto è un pieno. Bisognerà far apparire questo pieno oppure non avrà senso far nulla". Ma di questo drammatico appello (per tornare a noi) come lo scrittore può far tesoro? Quali strumenti deve mettere a punto? Quali convincimenti far propri? Soprattutto deve rinunciare alla protezione dell'ironia e, più in genere, a tutte quelle "semplificazioni difensive, fatte per non trovarsi faccia a faccia col caos". Deve "correre l'avventura e il rischio dell'ignoto e dell'invenzione". "La sua posizione è nel cosmo, nell'occhio del ciclone del cosmo".
L'ironia è dunque la bestia nera dei nuovi scrittori presenti al Convegno milanese. Ha la colpa di non prendere nulla sul serio e di favorire i processi di omogeneizzazione - e dunque di cancellazione - della realtà. Lo scrittore ironico - così presente nella letteratura dell'ultimo secolo - sarebbe la risultante di questo ragionamento. "ho scritto quel che ho scritto, ma non sia mai che io ritenga di avere prodotto qualcosa di necessario e di forte) Sarebbe immodesto. Sarebbe un contravvenire al principio della riduzione dell'io. Peggio, sarebbe ergermi a genio. Mi sono distanziato ironicamente dalla mia parola... ho perfino allontanato ironicamente l'idea di arte. Perché so bene che i libri sono solo la ripetizione o la variazione infinita di ciò che è già stato scritto". (Che l'ironia dello scrittore novecentesco sia questa descritta da Carla Benedetti è un suo convincimento. lo fin qui ho sempre saputo, e continuo a esserne convinto, che l'ironia di Musil o di Gadda - e si, anche di Calvino - più che una modalità della mente è una sorta di acido che gli scrittori usavano e usano per sgretolare le sovrastrutture ideologiche che avvolgono le cose - e queste si, nascondendole - e liberarne, metterne in chiaro, i! nocciolo duro. Comunque sia Carla Benedetti e gli altri sono di avviso contrario).
Così Scarpa ha deciso di scrivere un romanzo rinunciando alla protezione ironica anzi furiosamente osteggiandola. È un romanzo di 309 pagine in ognuna delle quali o quasi - a essere lettori sempliciotti - si legge l'esecuzione dell'atto sessuale, descritto nella varietà delle sue pose e meccanismi. È un romanzo porno (che inclina alla pornografia)? Tutt'altro: è un romanzo che celebra la vittoria della corporalità (tema da sempre caro a Scarpa) e usa la pornografia come gli scrittori del '900 usavano l'ironia (nella mia versione), e cioè per denunciare e smascherare. È l'autore stesso a confessarlo quando, scrivendo di uno scrittore amico, parla di trasgressioni interne riferendosi al fatto che trovandosi di fronte a eventuali realtà false e contraffatte vai meglio prenderle alla lettera. "Prendere una ideologia alla lettera", così scrive Scarpa, "è, per quella ideologia, molto più pericoloso che opporvisi frontalmente. Un cataro o un fondamentalista francescano pauperista sono risultati, per la chiesa cattolica, più pericolosi di un ateo. Portare alle estreme conseguenze, o meglio, portare alle immediate conseguenze letterali una ideologia, ha conseguenze distruttive per quell'ideologia". Così ha fatto Scarpa attaccando dal di dentro (e dunque realizzando una trasgressione interna) non tanto il romanzo pomo ma i romanzi di tutti quei colleghi (che ha in dispetto e io con lui) che, imbastendo storie intime o di nobile sdegno, più o me- no alleggerite da un atteggiamento di presunta intelligenza, fanno in realtà pornografia. Allora bene il Kamikaze almeno da questo punto di vista; ma, dobbiamo dirlo, è anche un po' noioso, ripresentandoci per quasi trecento volte la stessa pagina, per giunta, ossimoricamente, aggressivamente algida.
Certo vi è anche altro, la storiella di un cinese che vuole distruggere la corrotta civiltà occidentale (cosa che i giornali ci dicono capiterà da qui a qualche anno quando l'economia cinese supererà quella americana), i cui risvolti lasciamo scoprire al lettore.

Angelo Guglielmi
su l'Unità, martedì 18 novembre 2003.
Tiziano Scarpa Kamikaze d'Occidente, Rizoli, 2003.


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