Estratti da Tramite inferriate | |
Il titolo si capisce benissimo silvio!!! l'ho duro come un'enciclica del papa! silvio!!! eternità d'etere vischiosa sfavillante crocicchio trapuntato ZEISS silvio!! lente divina talento immenso omeopatico virus integrale che sragiona con mille variopinte cellule di felicità letale supposte di adrenalina come scariche ad ogni stacco ad ogni stucco che ti faccio ti riposi sul mio fisico sfilacciato di tisico di tossico di tattico di vela silvio!!! digrigna i denti in percentuale privaci!! dell'elettrica aureola in cima al vecchio pathos buttaci!! un lembo del tuo smisurato membro virtuale tosaci!! il grande lobo ai lati del naso guardaci!! nei migliaia di occhi dentro la tua giara silvio!! bene l'azienda! a noi lo zen zero a noi lo zen zero un baco ingozza il tartaro gengivale splendi Ramsete e rema rema mantieni tutte le direzioni e rema rema silvio!!! spingi ogni soluzione all'estremo avrai un gallo in gola un posto al sole una casa in campagna una ressa di schiena un primo maggio di cartapesta la mattina in mano le sementi tutte pronte nel timo le urla i gesti di sapone il pane arcobaleno l'amore cantato suonato fatto sul lato di piazza in tv la pazza passa non vista non sentita e' la mima la mima la mima stagionata un'adorabile insolita alma marcia rapida a svestirsi a sentirsi vuota cosmica avvinazzata silvio!!! crepa alla svelta crepa in cancrena contro un tir di ufficiali giudiziari crepa in contumacia trafitto da un raggio di merda crepa nella stalla della mucca milka crepa con la tua immagine che hai creato perché non si stima un uomo dal vestito ma per quanti scalpi di tiranno s'e' adoprato poesia per E. non ti dirò mai che avevi il culo grosso e non mi passava il cuore dal capezzolo e non guardavo oltre la montagna di rimpianti venuti a prendermi dopo che ti ho detto vattene non ti dirò mai che laceravi il mio ristretto cielo di dominio totale sulla ragione passa e avanza per diventare grandi e imboccare la clessidra dal punto giusto non ti dirò mai che non potrò amare la semina non raccolta destinata altrove ai cromosomi buoni rinati e aprezzati per i sorrisi sul cuscino rivoltato non ti dirò mai che non avevo in mente niente per te come per tutte come per me e per tutti che ci affaccendiamo a portare vento sul bordo alto dell'ultima luce vicino al fuoco prima di cadere e passarlo comunque ‘sto tempo del cazzo finisce e riprende e noi gli parliamo e vorremmo prendercelo sulle spalle o sulla riva come foci accentuate non ti dirò il perchè mi fai esistere è facile l'odore del diniego tra le vesti tessute dai pensieri esclusi quelli definitivi che ti prendono alla gola e sanno di vino focaccia e rapide smorfie riassuntive fine della prima vita oggi come prima ho un bollino di sopravvivenza in più colorato grigio-pollo contadino in meno di un mese non ti amo e penso che è lo stesso per forza nascono i figli loro muoiono nel vivere sorpreso delle cose Tramite inferriate amo quegli occhi di sette anni fa che non venivano mai che avevano i contorni oblunghi e le guance infuocate amo la schiena e il processo dopo a conti fatti il silenzio sul da farsi l'inseguire i mesi e il reggiseno appeso al cielo che allatta l'umanità amo il calore di quei giorni del sempreuguale che aspettavano il fuoco ingenuo del semprenuovo con la testa caracolante di Manghi dietro e le ginocchia sugli alberi di quell'altro il gigante che piove in basso e semina la mia incostanza amo elisabetta indefinita poco chiara come un giunto sulla matita mai stampato entrava il giorno impaurito di scatto già fuoriuscito di testa nel pallone nel pallore di una vita strozzata solo un depliant il resto nelle istruzioni nel colore viola da' la vita rosso la toglie uno sbaglio i figli si fanno nella certezza dell'errore amo elisabetta amo elisabetta a testa in giù in su di mezzo anche solo la prima elementare sarebbe un amore in cartella nel computer tra le mani a fionda a prendere il latte da solo a camminare da solo a baciare in due la stessa bocca infinita amo il campo gravitazionale dove atterrano gli spavaldi eroi di elisabetta e sequestrano il cuore il punto di arrivo dei sensi interconessi mi basta una sega per portare l'arcobaleno nella stanza Ore latrine la cellulite in faccia per non offendere le coscie lisce pallide d'intorno stese come strisce da attraversare per salvarla la mia sessualità a rischio d'involuta praticità nel pavimento le goccie per il popolo di terracotta così si sferra alla condotta inebriata un pugno dei tuoi occhi celestilavati nell'addome di oggiholaforzadi sollevare quest'incontro fuori dalla paludosa amicizia due amori invecchiati costanti rei decostruiti nella fogna del cuore particolarmente i tombini enormi di numero segnalivello le tue dita attacate al polso scartato il retro l'orologio saprebbe con le lancette delle parole dirmi l'ora per togliermi l'aria di dosso e amarti a secco sopra il ronzio dei gattigufo inclini a salir le scale frangimarmo appese nell'atrio scomposto ove questi diciott'anni di libero freno ci abbracciano prima che il diluvio del tempo s'attriti nel distancante fronzolo della buonanotte ridetta risentita serve un figlio alla spirale ciclonica del nostro avere serve un figlio alle parole numerate ai piombati piedi dei nostri camini spenti serve un figlio il peggiore il mietitore di traboccante ego il freddo che separa il riflesso nella stagnante pozza unica contesa la saliva uscita dal bacio al microscopio e la falsità nell'illudersi che tutto sia reciso al lancio dell'istinto riprodotto perfetto un figlio anche qui al tavolo ventisei per la frizione lenta della lingua si accendono i volti sui monti vanno i cigni a pascolare sulle tettoie delle auto carriarmati colgono le gobbe verdebrullo al passaggio di magiche pozioni di ventoluce e pioggia cerulea voglio un figlio figlio di una rapina all'intenzione pedissequa una pompa di benzina sfornavita abbarbicata alla sommità del ventre gettata come carbone fuori dal buco presbite dentro la bocca della cimice che imballa le poche cose da portar dietro sullo sfondo della dimensione due voglio un figlio cadente che alla megascuola porrà il suo veto voglio un figlio suicida ma legato all'inverosimile progetto del nostro amore Il ponte oggi ho visto un lungo ponte venirmi addosso e piangere le miglia perse di sotto e russare sul pianto dei miei stivali perduti un lungo ponte è franato sul cofano della mia macchina un cittadino etiope di molto tempo fa mi ha ringraziato per quel ponte caduto perché lui c’era già stato ma non si ricordava prima ma ora che l'aveva visto seduto e sfondato si ricordava di quel ponte crollato sul cofano della mia macchina che storia il ponte crollato rianimato s'è alzato è volato poi un dito l'ha preso come un falco infoiato e l'ha portato nel luogo disparato dove non trovi più niente se qualcuno non ti da una mano e io avevo mio zio che mi ha aiutato un giorno con la neve che il ponte era chiuso e visitato da un lato quello sospeso e tutto era già disteso poco prima sul fino dipanato poco illuminato ma nato il giorno in cui il ponte si è destato in cima al ramo lo vedevo poco chiaro nel vestito fustagno trasparente luccicante nel pomeriggio ombroso prima della prima sera di maggio un pomeriggio strano faceva freddo per terra e il ponte gelava dalla mano fermo se ne stava a guardare il vento dell'ultima primavera che non scappava più per vergogna o per finta per tornare travestita alla prossima fiera dove il ponte vende la specchiera e non guarda chi gli copre le spalle con lo scialle e via fino all'infinito fino al brivido ultimo di vederlo di nuovo sparito Intanto goditi quest'anteprima remix e la successiva versione live:
Altre chicche live from modoinfoshop, Bologna:
E senti dalla sua viva voce qualche segreto della sua poesia... | |
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