Intervista a Nero Luci

Cosa è cambiato rispetto alla sua precedente (Velocità di un amen) raccolta poetica?

In primis Nero Luci(s), ovviamente. Vi sono raccolte poesie più vicine al mio oggi, più attuali; dal punk sono cresciuto alla new wave.

Che ruolo ha il ritmo nei suoi versi?

Spesso arriva prima, cullando un titolo/seme, ad ispirare i versi. È breve e monotono, spesso; mantrico. A volte è rasoterra e scorre come acqua; acqua fetida, forse, ma che aspira a librarsi in aria.

In quale rapporto sta il vissuto ed il verbo?

Cominciano tutte e due con la lettera V. E il vangelo di Giovanni ne racconta di belle. Il verbo è azione, è Vita e Volontà. Parlando, scrivendo, cantando creiamo dei mondi, ovvero viviamo.

Quali contaminazioni e influenze riconosce nel suo lavoro?

Negli anni ’80 del secolo scorso questa era la mia domanda preferita a stars della canzone su “Ciao 2001”. Ringrazio. La famiglia che frequento ha in seno trovatori, minnesanger e stilnovisti, Dante e Rabelais, romantici francesi e romantici tedeschi (Goethe, Novalis e fino a Gorge) e romantici inglesi (Blake, Shelley, Swinburne, fino ad Aleister Crowley che fu vita e verbo), poi D’Annunzio, Pound. E mi fermo.
Ma poi Mozart, Beethoven, Liszt, Wagner, Battiato, Led Zeppelin, Black Sabbath, Bowie, PGR e la scena postindustriale del folk apocalittico. E poi mi fermo. Anzi, le muse.

Che tempo fa?

Tempo di guerra e amore, come sempre. La guerra fatta per ridare realtà alla Parola umiliata dai media e dalla chiacchiera. È tempo di riappropriarsi di parole e archetipi, nella poesia italiana e mondiale, come sempre.
Mi sa che quel che il tempo fa è ciclico.

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