Gabriele D'Annunzio

09/01/2003

Gabriele D'Annunzio, poeta e romanziere (Pescara 1863 - Gardone Riviera 1938)

Famoso per la ricerca del suo "vivere inimitabile", e apprezzato dai fratelli per versi quali: "Ed ebbi così nel mio sguardo l'inconsapevolezza de la purità bestiale", che scrisse una volta nelle Laudi.

CICCIO: Io ho visto in tv che in Egitto il Mein Kampf è un best-seller, vende un casino!!!
LUCI: ... è vero che vi furono parecchi musulmani nazisti nelle SS, molto anche turchi ed egiziani e non mancava mai sulla scrivania di Himmler una copia del Corano.
PAN: Cominciamo.
CICCIO: Noi oggi pensavamo di trattare tra di noi un autore che non viene trattato come si deve, che ha una reputazione che forse è un po' fuorviante e come al solito ne parleremo senza essere degli esperti, anche perché chi ve ne parlerà lo sta riscoprendo da poco sotto un'ottica nuova dopo aver sputato sulla tomba di... D'ANNUNZIO!
LUCI: ... ah ho capito di chi stiamo parlando, questi particolari mi hanno risvegliato il ricordo...
Vabbe' parleremo di D'Annunzio così, se vogliamo, pensando che quello che su di lui abbiamo studiato, che le antologie ci hanno fatto passare, secondo me è abbastanza denigrante sulla sua figura, vittima di una grande incomprensione derivata da una certa cultura di sinistra che ne ha fatto negli anni '50 e '60 una certa lettura critica...
SCUDO: Io sapevo che fino agli anni '60 non si è studiato nelle scuole italiane.
LUCI: E bisogna dire, anche se ricorda certi discorsi che fa ora AN, che purtroppo o per fortuna (probabilmente per fortuna perché abbiamo la possibilità adesso di avere la mentalità critica di affrontare la cosa) molte case editrici erano in mano ad ambienti vicino al PC e molti autori non venivano neanche tradotti: abbiamo qui sul tavolo Nietzsche che non era affatto facile pubblicare negli anni '60 e quando l'Adelphi l'ha ripubblicato ha avuto molte critiche; la stessa cosa possiamo dire di Céline, di Evola...
CICCIO: Perché adesso Evola è pubblicato da Einaudi?
LUCI: Solo nei Mediterranée che è la casa editrice che ha fondato Evola. Sì, ci sono ancora dei problemi con certi autori e D'Annunzio per un po' ha avuto le stesse difficoltà... diciamo che ce l'hanno fatto stare sul cazzo perché si leggeva che era vuoto, che era fascio, che non aveva capito nulla di Nietzsche e come ricordava prima l'esimio, io stesso in gita scolastica al Vittoriale, come è scritto in Via Nizza Live, ho sputato sulla tomba di D'Annunzio, perché era un mio periodo di punkanarchia e sniffavo... ma lasciamo perdere il mio passato, parliamo del mio futuro...
ZENO: ... che non c'è.
LUCI: Il guardiano mi ha chiuso nelle carceri del Vittoriale per sei mesi, è stato carino.
D'Annunzio soprattutto ci piace perché è un dandy, diciamolo; ci piace perché ha una visione soprattutto estetica della vita, piuttosto che morale o etica e ci sembra più onesta, ormai. E in questo ha anticipato un po' di gente.
Poi ci piace perché ha scritto La pioggia nel pineto, rifatta da Renato Pozzetto in modo spettacolare, che leggeva "Piove, Piove" con i bambini che gli pisciano e lui che legge con gli occhiali.
Poi ci piace perché quest'anno ho letto due romanzi della famosa trilogia nel momento in cui era veramente fico, veramente serio, si chiama proprio così.
Il Primo è Il trionfo della morte (1894), il secondo è Le vergini delle rocce (1895) e il terzo è Il fuoco (1898-1900), titoli già dall'aria un po' gotica, il secondo leonardesco perché si richiama al quadro di Leonardo, ma dall'aria un po' dark, che ci piace.
Secondo me per D'Annunzio la musica è fondamentale, sia nelle poesie che in questi romanzi, in cui si vede che era rimasto musicalmente flashato da Wagner: bisogna dire che Wagner in quel periodo trona un po' tutti perché la sua musica è talmente rumorosa rispetto alla classica che girava nel periodo che per la gioventù dl periodo ha veramente un impatto come quando è arrivato l'heavy metal negli anni '70. Tant'è vero che il grande Oscar Wilde mi pare dica da qualche parte che Wagner è l'autore più figo ("A me piace più di tutte la musica di Wagner") perché al teatro puoi parlare tranquillamente col vicino mentre suona tanto nessuno sente un cazzo... Wagner ha questa dimensione proprio industrial, di fragore e lunghezza, estenuazione, assolutamente decadente...
Quest'aspetto di passione per la musica da parte di uno che scrive e di attenzione al suono, non è vuota retorica come scrivevano e scrivono ancora le antologie, ma è davvero l'origine della poesia perché è nata come canto liturgico, dai lirici greci in poi...
Tornando a Wagner, ne Il trionfo della morte (1894) c'è tutta una parte che è proprio un cut-up della storia di Tristano e Isotta che Wagner aveva musicato: il libro racconta di un protagonista decisamente autobiografico, e ci sono infatti anche cut-up da sue lettere, di sue compagne di quel periodo, messe nel libro, la cui storia d'amore con una donna è riflessa, nutrita da quella di Tristano e Isotta e c'è un intero capitolo di flash tra le due storie, che finiscono chiaramente male. Come finisce male Il trionfo della morte, cioè, questo è il discorso, perché è un romanzo sulla divisione: ci sarebbe veramente da ridere sulle accuse di superficialità mosse a D'Annunzio, perché è un romanzo talmente profondo che analizza il discorso della divisione attraverso l'amore e la morte, che sono i due piatti della bilancia di questo aspetto. Tutto il libro racconta l'amore che sta finendo tra questi due borghesi romani, lei che addirittura ha lasciato il marito per mettersi con questo poetastro del cazzo aristocratico che perde tempo nella vita mondana con piccoli interessi superficiali nel buddismo, e la ricerca di un amore unico che superi la divisione tra due persone e vi sono moltissime pagine in cui è portata all'esasperazione la paranoia, un sentimento che abbiamo provato un po' tutti quando stiamo con una persona, di sapere in realtà se la persona con cui stiamo ci ama veramente, se ci ama quanto l'amiamo noi, se quello che mi dice è vero, se i baci che mi dà sono sinceri, che è il discorso della divisone e dell'impossibilità di essere dentro un'altra persona essendo invece due individui soli che stanno semplicemente insieme, facendo anche del sesso selvaggio, anche nel romanzo, e rimangono divisi e non uniti.
Il libro prosegue con diverse digressioni familiari, con la delusione e lo schifo su come si sta tenendo lì la vita sociale, e addirittura pellegrinaggi religiosi, cercando di riscoprire l'aspetto arcaico della religiosità italiana e delle feste di paese, con riti di sangue e un tentativo di compagine splatter degno di Cronenberg, ad esempio nella scena in cui entrano in una chiesa piena di ex-voto in cera, copie di braccia malate con piaghe, e altri arti artificiali sanguinanti finti.
Il libro, o meglio lui, dal cui punto di vista è scritto tutto il romanzo, accentuando l'aspetto di divisione, trova infine come unica soluzione la morte, che chiude questa divisione tra sé e il resto, poiché nella morte si raggiunge una dimensione in cui si cessa di essere individui e si è uniti con qualcos'altro, si crede. La morte avviene perché lui cinge lei e si buttano già da un baratro, un altro elemento su cui s'insiste per tutto il romanzo che s'apre con la descrizione del cadavere sfracellato per terra di una persona che si è buttata giù dalla terrazza del Pincio. Ritorna spessissimo il termine "abisso", che in linguaggio esoterico è considerato il momento di passaggio tra la divisione dell'aspetto fenomenico della realtà e l'unione dell'aspetto noumenico, chiaramente speculare, che c'è dall'altra parte. L'unica soluzione è quindi cercare di superare insieme l'abisso, la morte.
Mi è sembrato quindi molto forte un discorso di questo genere, che è poi legato anche alla scrittura, che è divisione: nel momento in cui scriviamo, separiamo qualcosa da noi, e la scrittura è strumento ma anche gabbia, prigione.
Vi ricordo anche che quello della Morte è anche uno dei Trionfi di Petrarca, che un giorno, probabilmente all'ospizio, leggerò e poi vi dico.
Nell'altro libro, Le vergini delle rocce (1895), D'Annunzio insiste in maniera ancora più pesante sulla figura del superuomo e l'esaltazione dell'individuo, (nel precedente vi erano solo alcune pagine di critica al livellamento democratico della società): la storia è quella di un giovane rampollo dell'aristocrazia romana che decide di far nascere un nuovo re per Roma e trovare una compagna adatta a far nascere un individuo superiore che vuole riportare Roam alla sua grandezza come Re, già un trip particolare. Lui deve scegliere la sua sposa tra tre sorelle che va a trovare nella loro villa aristocratica in decadenza totale, in una visione completamente diversa da La coscienza di Zeno che si ferma a una visione psicologica e piccolo borghese, mentre quella di D'Annunzio è aristocratica e mistica. Al di là della prospettiva storica, che secondo me è da prendere in considerazione in maniera abbastanza relativa, c'è la prospettiva astorica della scelta della sposa tra tre donne per far nascere un messia: D'Annunzio propone chiaramente una visione messianica citando la profezia di Virgilio nell'Eneide della nascita di un Messia, che molti dottori della Chiesa considerarono poi annunciasse la nascita di Cristo, mentre invece era l'Augusto, Cesare Augusto… un giorno Nistolini ci parlerà di Eliogabalo di Artaud...
Il discorso del messia e del nuovo re muove una lettura pienamente mistica, poiché, mi sono informato, il D'Annunzio era studioso di scienze esoteriche e aveva forti interessi occulti, frequentava medium e altra gente strana e secondo me le sue cose vanno soprattutto lette in quest'ottica e non in una puramente politica o borghese...
Le tre spose richiamano i tre possibili aspetti dell'esistenza, della realtà fenomenica, le tre dimensioni, e anche le fasi della luna, crescente, piena e calante (morta): sono tre diversi modi d'intendere la donna, per certi versi, e la scelta nel romanzo rimane irrisolta, poiché il protagonista sceglie la più bella, fa una scelta chiaramente estetica, ma rimane ancora il senso di sconfitta davanti a quest'aristocrazia, questo putridume che non riesce ancora a far il salto decisivo...
Così come d'Annunzio stesso nei suoi romanzi non farà il salto, non arriva mai a una visione totalmente vittoriosa della vita, in opere e successive c'è uno scarto estetico artistico, l'idea di opera d'arte totale con canto, danza, musica, come faceva Wagner, e anche ne Il fuoco mi sembra ci sia lo smacco del protagonista... quando lo leggo ve lo dico.
PAN: Una cosa che si legge nelle antologie è che D'Annunzio, "a differenza di tanti altri scrittori, pare non avere una storia, un lento graduale evolversi verso atteggiamenti spirituali ed artistici sempre più maturi e complessi"...
PONTE: Come si dice anche che lui di Nietzsche non aveva capito un cazzo...
LUCI: Be' in effetti va detto che D'Annunzio era limitato nella conoscenza di Nietzsche e questo è fondamentalmente vero, ma secondo me tutti i libri e le interpretazioni scritte su Nietzsche sono per forza fuorvianti e limitate, nel senso che capirlo è impossibile e solo Nietzsche stesso si può interpretare: sono limitate le interpretazioni delle gerarchie naziste, come quelle di Deleuze e di Foucalt e di tutti quelli che hanno tentato l'impossibile di sintetizzarlo.
Ciò detto D'Annunzio aveva letto poco perché in Italia Nietzsche non era pubblicato, ed è stato uno dei primi in Italia a leggerlo, leggendo la traduzione in francese di Così parlò Zaratustra e un'antologia fatta da due francesi di brani tratti dalle sue opere. Perciò la sua visione era su un certo Nietzsche, che era uno che ha avuto diversi periodi, e lui si è beccato quello dello Zaratustra che è il più lirico e il meno filosofico con più difficoltà nella messa in pratica della sua visione.
Quindi il suo superomismo era per forza limitato, dalla lettura di una traduzione francese di un'opera che solo tra mille anni forse qualcuno capirà... poi il superomismo, cioè il tendere al superamento dei propri limiti, in ogni senso, e il fare della propria vita un'opera d'arte mi sembra sia il minimo per un essere umano, tendendo a un oltre dell'uomo e non limitarsi a quello che si è... in questo senso d'Annunzio ci è arrivato più di chi legge e glossa Nietzsche chiuso in un ufficietto dell'università...
Le imprese di D'Annunzio:

Gran rumore levò il volo di GABRIELE D'ANNUNZIO su Trieste. Il velivolo, che portava il poeta, pilotato dal comandante Miraglia, si alzò alle 15.30 del 7 agosto 1915 e giunse nel cielo di Trieste un'ora dopo salutato da nutrito fuoco di cannoni e mitragliatrici. Fece due lunghi giri sulla città: nel primo furono lanciati bandiere italiane appesantite da piombi e messaggi chiusi in sacchetti impermeabili, alcuni dei quali caddero tra la Piazza Grande e San Giusto, altri fra il Campo Marzio e la caserma nuova, altri ancora fra Scorcola e Rojano; nel secondo furono gettate bombe sull'Arsenale di Artiglieria, sui quattro bacini e su altre opere militari. Due idroplani austriaci si levarono dal vallone di Muggia, per dar la caccia al velivolo italiano, ma furono messi in fuga da altri due apparecchi italiani, volati al soccorso di quello del d'Annunzío, che rientrò alla sua base alle 18.25.
Ecco il testo del messaggio lanciato dal poeta ai Triestini:
"Coraggio, fratelli! Coraggio e costanza! Per liberarvi più presto, combattiamo senza respiro. Nel Trentino, nel Cadore, nella Carraia, su l'Isonzo, conquistiamo terreno ogni giorno. Non v'è sforzo del nemico che non sia rotto dal valore dei nostri. Non v'è sua menzogna impudente che non sia sgonfiata dalle nostre baionette. Abbiamo già fatto più di 20.000 prigionieri. In breve tutto il Carso sarà espugnato. Io ve lo dico, io ve lo giuro, fratelli: la nostra vittoria è certa. La bandiera d'Italia sarà piantata sul Grande Arsenale e sul colle di San Giusto. Coraggio e costanza. La fine del vostro martirio è prossima. L'alba della nostra allegrezza è imminente. Dall'alto di queste ali italiane, che conduce il prode Miraglia, a voi getto per pegno questo messaggio e il mio cuore, io Gabriele d'Annunzio".

LUCI: Volevo poi raccontarvi questa cosa fighissima dell'impresa di Fiume, che si fa 'sto trip, il ragazzo, con una mandria di disgraziati: la Repubblica di Fiume è stata una figata, la Costituzione era basata sulla musica, per riallacciarci a quel che abbiamo detto prima, ed è stato un anno e mezzo di festa totale, che ha attratto tutte le persone un attimo strane che c'erano in Europa in quel momento: si parla di futuristi russi, dadaisti tedeschi, maghi, puttane, pirati che c'erano ancora sulla costa dalmata, musicisti e artisti da tutto il mondo... la peggiore, o probabilmente la migliore, umanità di quel periodo. Con libertà totale nel look, nel mostrarsi, con chi girava nudo, chi vestito medievale, chi da antico romano, in un delirio totale di droghe, sesso, poesia e musica: questa era una possibile concretizzazione politica di quel che voleva D'Annunzio, che non fu certo il Fascismo, visto che ne ha avuto anche molti dubbi, lasciato al Vittoriale a farsi i cazzi suoi, mentre la decadenza sfociava nella guerra... è morto nel '38 perciò non si è visto lo spettacolo...
A Fiume hanno retto un anno e mezzo perché nessuno li attaccava, poi la Società delle Nazioni ha rotto il cazzo, dicendo che quello stato non poteva esistere, han tirato due colpi e si sono arresi subito.
Ponte: C'è anche una sua altra cosa eroicissima, che ha trasvolato Vienna in solitaria buttando volantini antiaustrici sul cielo della città...

9 agosto 1918 gli abitanti di Vienna furono sottoposti ad un bombardamento aereo veramente singolare. Il cielo si coprì di fogli di carta dipinta con i colori della bandiera italiana, bianco, rosso, verde, erano volantini propagandistici il cui testo si apriva con parole veramente inusitate: "Viennesi! Noi potremmo lanciare bombe a tonnellate. Non vi lanciamo che un saluto". L'appello, che è un capolavoro di propaganda bellica, suona oggi proprio come un documento contemporaneo. "Noi italiani non facciamo la guerra ai bambini, ai vecchi, alle donne - lessero i viennesi - noi facciamo la guerra al vostro governo nemico delle libertà nazionali". Questa distinzione, in cui si insinuava che il governo era indegno del popolo che pretendeva di guidare, è diventata in seguito molto comune nei tentativi di provocare nell'opinione pubblica un malcontento di massa. A quei tempi era però qualcosa di nuovo, così come lo era l'eloquente chiusa del manifesto: "Ormai lo vedete, tutto il mondo si è volto contro di voi. Volete continuare la guerra? Continuatela. È il vostro suicidio. Che sperate? La vittoria decisiva promessavi dai generali prussiani? La loro decisiva è come il pane dell'Ucraina: si muore mordendolo".

PONTE: Lui era molto legato a questa dimensione del volo, che poi è anche finita un po' male, perché s'è schiantato...
LUCI: Non era un qua qua ra qua.
ZENO: Ha inventato lui "aeroplano", "fusoliera"...
LUCI: Era uno che inventava le parole...
PONTE: C'è anche 'sta cosa affascinante che lui aveva tantissimi debiti con lo Stato italiano e probabilmente quando è ritornato da Fiume avevano contrattato di estinguerli... ce n'è tanti di aneddoti su D'Annunzio...
SCUDO: Io sapevo che nel testamento lui lasciava il suo orecchio sinistro a Mussolini a patto che lo tagliasse lui stesso dal cadavere...
PONTE: Probabilmente è vero... comunque era scomodo anche per il potere, perché a un certo punto il suo eroismo superava in popolarità quello dello stesso Mussolini, per cui a un certo punto han dovuto metterlo da parte...
LUCI: All'inizio molti operai, anarchici, e anche intellettuali di estrema sinistra che volevano un'azione violenta, vedevano nel Fascismo una possibile soluzione alla decadenza della società europea e all'impasse di quella italiana: tra questi anche D'Annunzio che per quanto ne so poi si distaccò parecchio dal regime che continuava invece a usarlo dal punto di vista pubblicitario...

All'inaugurazione dell'adunata Fascista di Firenze, il 9 Ottobre 1919, Mussolini pronunciò il seguente discorso: "A Fiume ho vissuto quello che D'Annunzio giustamente chiama: "Un atmosfera di miracolo e di prodigio". Vi porto intanto il suo saluto. Egli si riprometteva di scrivere un messaggio apposta per la nostra adunata". (Applausi e grida di: Viva Fiume).

D'altra parte fu lui stesso a inventare in Italia la pubblicità di se stesso, iniziando come cronachista di vita mondana della Roma di quel periodo... sapeva curare la sua immagine, come Madonna, prima di Madonna. Poi è stato isolato e usato come testimonial, s'era ritirato al Vittoriale...
PONTE: La critica anche lì dice che il Vittoriale è un mausoleo pesante decorato...
LUCI: Sì si, Citizen Kane, da uno che se la tira...
SCUDO: Aveva proprio le cameriere che si dovevano inchinare quando passava, buttavano via vassoi e dovevano inginocchiarsi....
LUCI: Secondo me è vero...
PONTE: Dicevano che aveva una parte di donne che venivano direttamente e una parte pagate...
LUCI: E be' sì la schiavitù non c'era già più... si diceva anche che lo buttarono giù dal balcone, non si sa se delle donne in giochini erotici, o una squadraccia, perché non lo sopportavano più...
CICCIO: Be', potevano essere delle donne squadriste, delle figlie della lupa...
LUCI: Sembra il titolo di un film porno... genere animal... incestuoso... pregnant...
PAN: Dato che c'è qui quest'edizione dello Alcyone vogliamo azzardare qualche lettura...
PONTE: Be' sì volevo mostrarvi questo libro che ho trovato a Genova e ho letto in trip così ritornando verso Torino e oltre alla consistenza della carta che ha una certa pesantezza che voi potrete poi tattilmente verificare volevo la grandezza del carattere tipografico: estremamente leggibile, cosa che tu in un libro di poesia oggi non trova più.
CICCIO: Sì ma devi guardare anche quant'è grande il libro, c'è che è grosso!, ne abbiamo già parlato.
PONTE: Non è un cazzo vero, non è proprio un cazzo vero!!! È bello!
LUCI: C'è lo spazio fra una riga e l'altra! È vero!
PONTE: Non dico più un cazzo...
SILVIA: Lo possono leggere anche gli anziani...

Dopo la morte di D'Annunzio, la Fondazione Vittoriale degli Italiani, portò avanti tra altri progetti anche le Edizioni del Vittoriale, per diffondere il verbo di D'Annunzio, che era letto un casino e ne facevano un casino di copie... vedete cosa c'è scritto: "Si riterrà contraffatto ogni volume che non rechi sul frontespizio il timbro a secco con la corona di foglie d'oleandro che abbia scritto 'Brilla di rose il lauro trionfale'".

Uno scorcio del Vittoriale

In libreria si trova da qualche mese un testo forse definitivo su D'annunzio che vi consigliamo di consultare: si tratta del volume Il vivere inimitabile di Annamaria Andreoli (Mondadori, pp. 670, 30 euro ca.).

John Giorno
Julius Evola
Mishima


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